Quando la dignità cambia la storia
Per la comunità scientifica internazionale il 2015-2020 sarà il periodo in cui si registrerà l’impennata dei casi di tumore provocati dall’esposizione all’amianto. Secondo il responsabile italiano del Registro nazionale dei mesoteliomi, occorre evitare l’inalazione delle «fibre di ogni varietà di questo materiale che è il più potente cancerogeno presente in natura. L'unico modo per farlo adeguatamente è il bando internazionale».
La sentenza di Torino sul caso Eternit di Casale Monferrato è destinata a segnare un punto strategicamente decisivo in una competizione che dura da decenni. Almeno da quando, nel 1964, l'Accademia delle scienze di New York organizzò una conferenza internazionale sulle conseguenze biologiche dell’amianto.
A presiederla fu chiamato Irving Selikoff, un ricercatore di origine russa sul quale si concentrarono, in seguito, gli attacchi sistematici da parte delle lobby delle multinazionali interessate all’estrazione e lavorazione di quel minerale. Selikoff, contestato fino a mettere in dubbio la validità dei suoi titoli accademici, aveva posto sotto controllo epidemiologico 17 mila manutentori dei treni nelle ferrovie americane ricavandone una incidenza di patologie tumorali del polmone e della pleura superiori di 4-5 volte la media.
Anche in Canada
Non è bastata questa evidenza ad impedire lo sviluppo di una produzione tuttora fiorente in Russia, Brasile, Cina, India e, difficile da credere, in Canada. Con la proibizione a livello internazionale, invece, non ci sarebbe bisogno delle petizioni di medici e società civile canadesi che chiedono di non riaprire le cave di amianto dismesse del Quebec. Resta il fatto che in un numero elevato di Paesi del sud del mondo non esiste alcun limite e il mercato di prodotti confezionati con questo materiale continua a tirare.
Nell’Europa, dove il divieto è arrivato solo nel 2005, esiste il serio problema dei costi per la bonifica del territorio, anche se nessuno può offrire certezze sull’eliminazione delle fonti di pericolo. Se ne sono accorti a Venezia, quando hanno dovuto recentemente bloccare i lavori per il nuovo palazzo del cinema perché il terreno è risultato pieno di amianto fino a nove metri di profondità.
Un caso eclatante che mette in crisi le teorie sullo sviluppo che snobbano ogni principio di precauzione in ragione del fatturato e delle ricadute occupazionali. Con il corollario degli investimenti stranieri da attirare e incentivare. Nessuna collettività ha risorse sufficienti per risanare l’equilibrio ecologico alterato, mentre i profitti privati sono già stati distribuiti. Un bilancio che appare già in negativo, anche senza considerare la sofferenza delle migliaia di vittime e dei loro familiari. Il tumore, quando insorge, conduce alla morte per soffocamento.
Disastro permanente
Con il processo di Torino avviato dalla squadra coordinata dal giudice istruttore Guariniello si è arrivati a superare lo schermo protettivo costituito dal passare del tempo che conduce alla prescrizione dei reati, e da quella selva di preposti e capi intermedi usati come scudo difensivo da chi si trova al vertice delle gerarchie aziendali.
Qui è imputato chi decide davvero e non può dire di non sapere: nel caso della multinazionale svizzera Eternit, il barone belga Jean-Louis De Cartier De Marchienne e lo svizzero Stephan Schmidheiny, accusati di “disastro ambientale doloso permanente”. Si tratta dei referenti di gruppi che detengono il controllo di interi settori dell’economia. Ad esempio la famiglia Schmidheiny è azionista e occupa posti nei consigli di amministrazione di Swissair, Nestlé, gruppo bancario Ubs, Asea Brown Boveri, Swatch, per fare i nomi più conosciuti. Indici di una disponibilità finanziaria che ha reso possibile anche l’ultima offerta 18 milioni di euro avanzata nei confronti del comune di Casale Monferrato come atto di transazione e uscita dal processo come parte civile.
Soluzione alla fine rifiutata per la pressione decisiva dei cittadini e le promesse dei ministri della sanità e dell’ambiente che hanno rassicurato il sindaco della città piemontese sugli stanziamenti necessari per i costosi piani di bonifica necessari, a prescindere dall’esito della stessa sentenza.
Un segnale per lobby e comitati
Il rischio evidente rimane quello di far tornare, dopo il clamore del processo, l’intera vicenda al livello di una questione che riguarda solo le vicende dolorose degli esposti e dei loro familiari. Al contrario, la sentenza del 13 febbraio 2012, proprio perché emessa in un Paese nel pieno di una crisi economica senza precedenti, può rappresentare un punto di svolta a livello planetario per tante popolazioni ancora espose al pericolo dell’amianto e di quella rete di interessi che minano, alla radice, la fiducia nella giustizia.
Un segnale destinato a cambiare anche la prospettiva di tante vertenze riguardanti siti contaminati, non solo per l’amianto, in Italia. L’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, provvede a compilare e aggiornare, ogni anno, la mappa di un quadro geografico continuamente in evoluzione.
Un vero e proprio pellegrinaggio, che vede la presenza di delegazioni internazionali, è atteso a Torino per la sentenza di primo grado. La diretta dei lavori, dalle ore 9 e 30 di lunedì 13 febbraio, può essere seguita anche dal sito dell’associazione dei familiari vittime dell’amianto: www.afeva.it .