Quando la classe…è acqua
Il successo senza precedenti della raccolta di firme per il referendum sulla gestione delle risorse idriche riporta in primo piano il ruolo della società civile.
A volte, si sa, i detti possono anche cambiare. Soprattutto quando si vuole evidenziare una bella notizia. Ed ecco la mia presunzione di cambiarne uno: la classe è acqua. Questo perché il comitato promotore dei referendum per l’acqua pubblica consegna oltre un milione e quattrocentomila firme presso la Corte di Cassazione. Un risultato che segna una svolta nella storia democratica del nostro Paese: nessun referendum nella storia repubblicana ha raccolto altrettante adesioni.
L’iniziativa vuole opporsi alla privatizzazione delle gestioni idriche, a cui apre la strada l’articolo 15 del decreto legge Ronchi-Fitto approvato lo scorso novembre. Non è questa la sede per dettagliare gli aspetti del provvedimento o le ragioni di chi ad esso si oppone, ma un milione e quattrocentomila firme in poco più di 2 mesi sono un dato inconfutabile: la cosiddetta società civilenon è addormentata o, peggio, morta, come sembrava o si voleva far intendere. E comunque c’erano forti segnali di scollamento tra classe dirigente e Paese reale. Una raccolta di firme è una forma di protesta, di indignazione, o, per dirla in positivo, di adesione ad un’idea, una proposta fatta con dignità e buon senso, frutto di un impegno serio.
Paul Ginsborg, storico inglese e grande studioso della storia e società italiana, ebbe a dire che«la società civile italiana è come un fiume carsico. Non si distingue per il suo alto numero di associazioni, ma per la sua capacità di irrompere improvvisamente sulla scena nazionale con grandissima forza e altissimi numeri. Ma, per contrasto, la sua organizzazione territoriale è più squilibrata rispetto agli altri Paesi europei, con una grande concentrazione dell’associazionismo civico nel Centro e Nord del Paese».
Al di là di questa lucida analisi che senz’altro fotografa la realtà nostrana, rimane il fatto che la politica vede “irrompere” la società civile forse quando meno se lo aspetta, e sicuramente nei momenti in cui ce n’è bisogno. E Dio sa quanto bisogno vi è ora! Forse è il segno che la gente vuole una politica “alta”, direi, in linguaggio forse obsoleto, nobile. E forse sbaglia chi pensa che la società civile la si aggrega per “appartenenze”. Infatti il referendum sull’acqua ci riporta anche ai banchi di scuola dove si ripeteva, quasi ossessivamente, che l’acqua è «insapore, inodore e incolore». Ma è tanto buona e tanto necessaria…quasi quanto la società civile!