Quando il tennis si gioca di squadra

Il quarto trionfo azzurro in Federation Cup dimostra che unione e spirito di gruppo sono fondamentali anche in uno sport individuale e, a volte, individualista
Tennis

Il tennis è uno sport individuale. Forse il più duro, almeno dal punto di vista mentale, tra gli sport individuali. Sei lì, solo, spesso per diverse ore, a combattere contro l’avversario, contro il tuo fisico e – quando le cose vanno male – anche contro te stesso. Ne sa qualcosa Roberta Vinci, numero 13 del mondo in singolare (e numero uno in doppio insieme a Sara Errani), andata clamorosamente in crisi al cospetto della russa Alexandra Panova – numero 136 del ranking internazionale – nel primo atto della finale di Fed Cup 2013, che sulla carta non avrebbe dovuto offrire grandi emozioni se non quella dell’annunciato quarto trionfo azzurro in otto anni: troppo superiore la nostra Nazionale per farsi mettere sotto da una selezione priva delle sue maggiori stelle, Maria Sharapova in primis.

Eppure Robertina, vuoi per un fastidiosissimo torcicollo, vuoi per la tensione di una finale da giocare (e vincere) in casa, è stata a un passo dall’inatteso ko: quattro i match point annullati all’avversaria, terribili i dolori muscolari che ha dovuto sopportare ed enorme la pressione mentale alla quale la 30enne tarantina è andata inevitabilmente incontro. Ma è stato nel momento più duro, sul 7-5 5-2 in favore della Panova, che il tennis ha mostrato il suo lato collettivo, di gruppo. Sugli spalti, infatti, tra i 5 mila calorosissimi cuori del Tennis Club Cagliari, c’erano anche Francesca Schiavone e Flavia Pennetta (insieme alla riserva Karin Knapp), non certo le ultime arrivate: la prima vincitrice del Roland Garros 2010 e finalista in quello successivo, che ha rifiutato la convocazione per motivi personali spiegandone i motivi in una bellissima lettera pubblicata sulla Gazzetta dello Sport; la seconda, riserva di lusso (potersi permettere di lasciare in tribuna la semifinalista degli ultimi Us Open testimonia l’assoluto valore del tennis italiano in rosa), rientrata di prepotenza fra le migliori al mondo dopo l’operazione al polso destro dell’agosto 2012.

Francesca e Flavia, due campionesse, due meravigliose compagne di squadra: a ogni cambio di campo, seguivano la Vinci da un lato all’altro delle tribune per incitarla, per sostenerla, per dimostrare a tutti che nel tennis conta anche il gruppo. Francesca e Flavia, co-protagoniste della rinascita di Roberta, capace di risorgere, di allungare il match al terzo set e di portarsi a casa il punto dell’1-0 dopo 193 minuti di enormi sofferenze. Commoventi le lacrime della Vinci e l’abbraccio con Corrado Barazzutti, che di queste meravigliose ragazze non è un semplice commissario tecnico e capitano non giocatore, ma un padre, uno zio o un fratello maggiore. Si devono anche a lui gli straordinari successi della nostra Nazionale, che grazie a Sara Errani (finalista al Roland Garros 2012, semifinalista in quello di quest’anno e ormai stabilmente nella top 10 in singolare) ha conquistato il secondo e il terzo punto della finale di Cagliari.

Così, l’Italia al femminile torna sul tetto del mondo, come nel 2006, nel 2009 e nel 2010 (con una finale persa, a Mosca, nel 2007), e Corrado Barazzutti diventa il capitano più titolato eguagliando il canadese Vicky Berner, la statunitense Billie Jean King (entrambi alla guida della Nazionale a stelle e strisce) e lo spagnolo Miguel Margets. E poco importa se in questi anni le azzurre hanno approfittato dei forfait di gente come Maria Sharapova e Serena Williams, mai troppo a loro agio se in palio non ci sono le migliaia (e a volte i milioni) di dollari distribuiti nei tornei del circuito maggiore. «Giocare la Fed Cup ci ha portato a non essere al cento per cento in alcuni tornei – ha spiegato la Errani –, ma a noi va benissimo così: siamo un team affiatato e ci meritiamo questo trionfo». Una lezione di sport e di spirito di gruppo. Complimenti, ragazze!

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