Quando il cervo brucava sul Vesuvio
Il percorso proposto per questo fine settimana ci porta lungo il corso del Sarno, alla scoperta dell'Antiquarium di Boscoreale.
Il Sarno. Malgrado la brevità del suo corso – appena 22 chilometri attraverso le province di Avellino, Napoli e Salerno – ha il triste primato di fiume più inquinato d’Italia, se non d’Europa. E ciò per i rifiuti solidi e liquidi riversati nelle sue acque da un centinaio tra fabbriche di ceramiche, di lavorazione del pomodoro (siamo nell’area del celebre San Marzano), concerie, industrie chimiche e meccaniche…
Ecco, in gran parte, di che è avvelenato il golfo di Napoli, in cui appunto sbocca questo letale fiumiciattolo, periodicamente alla ribalta per le denunce degli ambientalisti e le proteste dei cittadini, o per gli interventi del Noe, il Nucleo operativo ecologico, sempre impegnato a setacciare aziende, a riscontrare violazioni alla legge, a emettere denunce e a sequestrare impianti a tutto spiano. E pensare che l’agro nocerino-sarnese, già di per sé fertilissimo per le sue caratteristiche vulcaniche, lo era diventato ancor più grazie ad un ingegnoso e capillare sistema di irrigazione voluto dai Borboni, ora ovviamente andato in malora!
Fatto questo preambolo, che per motivi di spazio volutamente tralascia altri enormi problemi quali la devastante e indiscriminata cementificazione della zona, come pensare di proporre un "weekend" proprio da queste parti? Niente paura. Il bello c’è dappertutto, basta scovarlo; e il "paradiso abitato dai diavoli" – volendo estendere a tutta l’area vesuviana ciò che Goethe ha scritto di Napoli – riserva ancora, accanto a brutture spinte all’eccesso, tesori sorprendenti.
Non parlo certamente delle antiche città sepolte dal vulcano, fuori discussione per la loro celebrità. Mi riferisco invece al poco noto Antiquarium sorto in anni recenti a Boscoreale, cittadina vesuviana a due passi da Pompei e dal Sarno, la cui visita compensa ampiamente l’eventuale classica ricerca dell’ago nel pagliaio. Dedicato a "uomo e ambiente nel territorio vesuviano", si distingue da altre analoghe istituzioni museali per i criteri didattici con i quali, in ambienti moderni e gradevolmente funzionali, espone reperti naturalistici e oggetti provenienti dalle ville rustiche rinvenute nei dintorni.
Con le sue ricostruzioni di ambienti naturali e di vita, basate sulle più recenti ricerche interdisciplinari, l’itinerario espositivo parte da un immaginario approdo sulle coste vesuviane, rinomate per la loro pescosità; risalendo quindi la pianura e il corso di un Sarno ben diverso dall’attuale (orlato di alti canneti e di salici, scorreva limpido e benefico tra boschi di ontani e di olmi), arriva fin sulle pendici del vulcano, rivestite in antico di faggete e quercete popolate da una ricca fauna, tra cui cervi, caprioli e cinghiali. Dal mare al monte, poi, un susseguirsi di ville residenziali e rustiche, di tenute sapientemente organizzate. Inevitabile il confronto col presente, nel costatare le trasformazioni (in peggio) intervenute in venti secoli; e doverosa la lezione che se ne potrebbe ricavare per il futuro.
Ed ora uno sguardo alle aree esterne all’Antiquarium, sistemate in modo da riproporre un orto botanico con essenze arboree significative che rappresentano la flora spontanea e le piante offici-nali coltivate nel territorio vesuviano duemila anni fa. Dulcis in fundo, a pochi passi da qui, di una villa rustica dissepolta in questi ultimi anni e sapientemente restaurata. Con la sua cella vinaria che conserva intatti 18 otri della capacità complessiva di circa 10 mila litri e con il suo vigneto ripiantato sulla base delle tracce lasciate dalle radici, essa consente la visione diretta di un esempio di azienda agricola tipica della zona.
Avvincente e completa la documentazione offerta dall’Antiquarium sulla realtà storico-archeologica del territorio e le attività connesse col suo sfruttamento agricolo al momento dell’eruzione del 79 d.C. Cortese e disponibile, come in pochi altri musei, il personale. Cosa potrebbe desiderare di più il visitatore?