Quando i figli uccidono i genitori

L'omicidio di Ancona (con una madre uccisa e un padre ridotto in fin di vita dal fidanzatino della figlia minorenne), ma anche il caso del nipote che ha preso a martellate il nonno, sono fatti che ci interrogano tutti: ma siamo davvero esenti da simili tragedie?
I Ris sul luogo del delitto dove è stata uccisa Roberta Pierini e ferito il marito Fabio Giacobbi ad Ancona

Fa quasi paura, di questi tempi, essere madri e padri. Dopo la notizia della diciassettenne che ha ucciso la madre perché le aveva vietato il computer e il cellulare con l’accesso ai social, siamo arrivati alla coppia di fidanzatini contrastati, che – accantonando gli intenti suicidi alla Romeo e Giulietta – pensava di ottenere l’approvazione di mamma e papà (di lei) a colpi di arma da fuoco. Non solo. È di poche ore fa la notizia del nipote trentenne che, a Corinaldo, in provincia di Ancona, ha preso a martellate il nonno ultrasettantenne .

 

Eppure, al di là di eventuali infermità mentali già ipotizzate da solerti avvocati (ed effettivamente qualche dubbio sorge sulla lucidità dell’assassino: per quanto in tanti possano odiare i suoceri, per fortuna sono ancora in pochi quelli che vanno a trovarli con tre caricatori in tasca), qualche domanda non possiamo fare a meno di porcela.

 

Niente accuse, nessuna illazione. Resta certo la brutalità assoluta e la condanna del gesto, il dolore per una morte e per un coma irreversibile davvero assurdi, la convinzione che la comprensione vera di quanto compiuto e le sue conseguenze getterà, prima o poi, nella disperazione gli stessi autori, ma la riflessione si sposta su cosa possiamo fare per evitare simili tragedie anche in casa nostra. Su come stiamo crescendo i nostri figli.

 

Li amiamo, per loro faremmo qualsiasi cosa. Stiamo cercando di dare loro tutto, di allontanare gli ostacoli dalla loro strada, di facilitare loro la vita. Sarà questo, forse, il problema? Come affermato dallo psicologo dell'età evolutiva Ezio Aceti in un altro caso di cronaca nera avente come protagonista un minorenne, capita spesso che i genitori “cadano in trappola”. Credendo di fare il meglio per i propri figli, accontentandoli in tutto, comperando loro tante cose, fanno capire loro che ciò che conta è “avere”, possedere, dimenticando però di trasmettere le cose che contano davvero.

 

Questo processo si chiama la "cosificazione dei legami": se un ragazzo arriva ad ammazzare forse, spiega Aceti, è perché non sa più cosa è il bene e cosa è il male. Allo stesso modo, un bambino che non sa gestire le sue emozioni può diventare un adulto che non è in grado di controllarsi. È questo, forse, al di là dell’indignazione, del dolore e della rabbia, comunque legittimi, ciò su cui possiamo riflettere e su cui possiamo anche agire personalmente, almeno per quanto riguarda i nostri figli?

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