Quale Vangelo per l’Asia?
2006, un grande giubileo per i gesuiti: 450 anni dalla morte di sant’Ignazio, 500 anni dalla nascita di san Francesco Saverio e del beato Pietro Favre. I tre si erano incontrati a Parigi nel 1529, durante gli studi. La loro vita di unità e di comunione fu il terreno nel quale fiorì la Compagnia di Gesù. Dopo la fondazione del nuovo ordine Ignazio rimase a Roma e rappresentò il punto fermo. Favre ricevette il carisma dell’accompagnamento spirituale e, come nessun altro seppe, dare gli Esercizi spirituali. Saverio partì e arrivò fino a quelli che allora erano i confini del mondo. Era partito con idee chiare e innovative, elaborate insieme ad Ignazio: conoscere e adattarsi alla psicologia e ai costumi dei nuovi popoli; mettersi al servizio dei nativi con le opere di misericordia come ospedali e collegi; scegliere tra i loro giovani i più idonei per promuoverli non solo religiosamente ma anche intellettualmente in modo da avere al più presto sacerdoti e vescovi autoctoni. Viaggiatore instancabile, Saverio fu a Goa e poi nell’India meridionale, nella penisola della Malacca e nelle isole Molucche, fino al Giappone. Gli rimaneva un sogno: l’evangelizzazione della Cina. Ma trovò le porte sbarrate e morì nell’isola di Sancian, di fronte a Canton. Quando Pio XI nel 1927 lo proclamò patrono delle missioni erano gli anni della grande ondata evangelizzatrice della Chiesa cattolica; l’avanzata del cristianesimo sembrava irrefrenabile e la conquista del mondo intero ormai imminente. Tuttavia India, Cina, Giappone oggi sembrano ancora più impenetrabili di allora. Quando partì dal Giappone, dopo poco più di due anni di intenso lavoro, Francesco lasciava tre fiorenti comunità cristiane con 1.500 membri. Pochi anni dopo, nel 1587, i cristiani erano più di 250 mila. Oggi il loro numero è pressoché invariato, a fronte di una popolazione cresciuta a dismisura. Un centenario, quello di Francesco Saverio, che non può esaurirsi in una commemorazione romantica. Esso ci interpella. Annunciare Cristo come lui ha fatto, come ogni cristiano è chiamato a fare, certamente. La domanda è come. E torna impellente l’invito a percorrere con rinnovato coraggio la via del dialogo indicata da Paolo VI a tutta la Chiesa. L’annuncio oggi passa attraverso l’ascolto attento, l’amicizia sincera, la collaborazione alla pace, la condivisione delle esperienze spirituali e soprattutto la testimonianza della vita: una vita fatta vangelo, un vangelo fatto vita.