Quale sistema elettorale per un Paese frammentato?

Mattarellum, Italicum, proporzionale assoluto e corretto. Soglia di sbarramento e sfiducia costruttiva. I partiti sono alla ricerca di una legge elettorale che raccolga consensi. Intervista al professor Paolo Pombeni, studioso tra i maggiori esperti dei sistemi politici
ANSA/GIUSEPPE LAMI

Con il professor Paolo Pombeni, noto storico e politologo italiano, autore tra l’alto con Città Nuova del testo “La politica dei cattolici. Dal Risorgimento ad oggi, abbiamo avviato un dialogo prima del referendum costituzionale sulla riforma Boschi-Renzi, poi bocciata dal voto popolare del 4 dicembre. Lo studioso aveva dato un parere non negativo su quella proposta, ma il discorso si era allargato alla “Questione costituzionale in Italia”, che è, poi, il titolo della sua ultima opera che va alle radici concettuali e storiche di un dibattito sempre più attuale. Riprendiamo, ora, il colloquio dopo l’esito referendario, quando si affacciano diverse proposte di legge elettorale da parte dello stesso vertice del Partito democratico.

Renzi
Renzi

 

Renzi ha presentato l’Italicum come la migliore legge elettorale possibile, tale da essere imitata da altri Paesi, e ora ripropone il Mattarellum. Cosa ne pensa?
Chiaramente la descrizione dell’Italicum come il sistema elettorale migliore, che ci avrebbero copiato, è stata una esagerazione propagandistica: si è trattato di un sistema che, gestito opportunamente, poteva anche essere plausibile (per esempio insistendo sul fatto che “lista” non è la stessa cosa di “partito”; prevedendo qualche soglia di partecipazione elettorale per far scattare il premio, ecc.), ma che è diventato ingestibile nel momento in cui si è ceduto su dettagli poco accettabili come i capilista bloccati e le candidature multiple. Aggiungiamo che, come sempre, per far funzionare un sistema bipolare ci vuole un paese sufficientemente maturo perché si converga solo su grandi formazioni sostanzialmente capaci di rappresentare vasti strati e poco polarizzate ideologicamente. Quando queste condizioni vengono meno, i sistemi maggioritari scricchiolano, per non dire di peggio, anche dove funzionavano come in Gran Bretagna e in Germania (per non parlare ora degli Usa). In Italia con un clima politico in cui ormai gran parte dell’elettorato si pronuncia “a dispetto”, il maggioritario spinto espone a più di un rischio.

E ora si può pensare di riproporre il Mattarellum senza attendere la decisione della Corte Costituzionale del 24 gennaio?
La riproposizione del Mattarellum, così come qualunque altra nuova legge elettorale, è nei poteri del Parlamento in carica che non ha alcun bisogno di attendere una pronuncia della Consulta sull’Italicum. Anche a prescindere dal fatto che la Corte potrebbe dichiararsi incompetente, perché chiamata non a dare un giudizio sulla legge in astratto, ma sulla presunzione avanzata da alcuni tribunali che, in modo a mio giudizio avventato, ritengono che la legge possa ledere dei diritti di cittadini quando non è mai stata applicata. In ogni caso, i giudici della Consulta non hanno alcun potere di fare una nuova legge. Possono solo dire eventualmente quali normative previste dall’Italicum vanno rimosse perché incostituzionali. Con due conseguenze: 1) non è detto che rimosse quelle normative la legge rimanga ragionevolmente applicabile; 2) non è detto che ciò che non è incostituzionale sia per questo politicamente buono. Dunque toccherà comunque decidere al Parlamento.

Più in generale, l’Italia non è forse difficilmente riducibile ad una logica bipartitica senza allontanare larghe fette elettorali dal voto?
Come ho già anticipato, oggi non abbiamo le condizioni per una logica bipolare (che è qualcosa di più ampio che bipartitica). Il bipolarismo richiede due condizioni. La prima è che i due poli siano largamente inclusivi e dominati da forze che per convenzione si definiscono centriste e moderate, ma che io più semplicemente definirei “razionali”. Formazioni a carattere estremistico con accentuate componenti utopistiche di qualsiasi genere devono poter essere marginalizzate dal sistema, e non ottenere da questo un trampolino di lancio per trovare le condizioni per moltiplicare la propria presa sul pubblico nei momenti di crisi politica e sociale. La seconda caratteristica è che almeno una maggioranza di elettori si consideri disponibile a cambiare di elezione in elezione la propria scelta, premiando indifferentemente quella delle due grandi forze in campo che ritiene nel caso specifico più adeguata al servizio del bene comune. Un Paese in cui prevalgono gli odi ideologici, per cui non si è disposti a nessun costo a cambiare idea, non ha le caratteristiche per usare in maniera responsabile un sistema maggioritario. Non pensiamo poi che il settarismo spinga sempre all’astensionismo quando non si può votare per la propria parte. Può anche spingere a votare a qualsiasi costo per chi si considera il nemico del mio nemico, con esiti che abbiamo visto alle recenti amministrative.

(domani sarà pubblicata la seconda parte dell’intervista)

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