Quale Indonesia si prepara ad accogliere papa Francesco?
Non è un particolare trascurabile nella geopolitica bergogliana, sempre molto attenta, in questi 11 anni di pontificato, a visitare Paesi a maggioranza musulmana in linea con il suo impegno al dialogo con il grande cosmo dell’Islam, assai variegato. Tuttavia, non si deve sottovalutare la significativa presenza cristiana, che in questo arcipelago di 17 mila isole, raccoglie il 7% di protestanti di molte denominazioni e il 3% di cattolici, con la concentrazione più alta di questi nell’isola di Flores (oltre 1.600 km ad est della capitale Giakarta). Tuttavia, il cristianesimo arrivato qui soprattutto in epoca coloniale – attraverso i portoghesi per i cattolici e gli olandesi per i protestanti – è presente un po’ dovunque nel grande arcipelago ed ha un ruolo importante negli equilibri sociali e politici del Paese.
Non ultimo, da decenni è in atto un incoraggiante serie di esperienze di dialogo interreligioso sia esistenziale, sul territorio, ma anche a carattere di cooperazione sociale. Non mancano, poi, sia nel mondo musulmano che in quello cristiano, istituti impegnati nel dialogo islamo-cristiano.
Il Paese, tuttavia, si trova ad una svolta importante della sua storia. L’attuale presidente, Joko Widodo, che accoglierà papa Francesco, in autunno passerà il testimone al neoeletto Prabowo Subianto, suo grande avversario politico nelle due elezioni precedenti, poi inserito nel governo da Widodo e, ora, alla vigilia di un mandato che si presenta tutt’altro che semplice. Infatti, sebbene l’Islam indonesiano non sia mai stato caratterizzato da intransigenza e fondamentalismo, queste correnti sono cresciute non poco negli ultimi anni e il mandato di Prabowo si apre con non poche incognite, soprattutto sulla questione cruciale di mantenere la pachasila, i cinque principi socio-religiosi che permettono al Paese di essere caratterizzato, fin dalla sua indipendenza dopo la Seconda Guerra Mondiale, da un principio costituzionale di unità nella diversità.
Nel corso dei decenni del secolo scorso e nei primi due di quello attuale, fondamentale è stato il ruolo – e continua ad esserlo – delle due organizzazioni musulmane più grandi al mondo: Nahdlatul Ulama e Muhammadiyah, le storiche e capillari organizzazioni dell’Islam Nusantara (“L’islam dell’arcipelago”), da sempre impegnate, sia pure con stili e modalità diverse, a promuove e praticare un islam “che cammina con la democrazia, che è vivo e promuove la fraternità”.
Le due organizzazioni non sono particolarmente conosciute in occidente, eccezion fatta per coloro che sono impegnati nel campo del dialogo fra islam e cristianesimo e che collaborano per processi e progetti di pace e integrazione sociale, religiosa ed etnica. Nel febbraio scorso, significativamente, entrambe sono state insignite del prestigioso riconoscimento “Zayed per la Fratellanza Umana” 2024, assegnato nell’ambito del progetto nato dalla firma del Documento condiviso sulla fratellanza universale, firmato nel 2019 da papa Francesco e dall’imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb.
A riprova del ruolo positivo che hanno nel panorama generale dell’Islam indonesiano, entrambe le organizzazioni hanno accolto con soddisfazione e gratitudine la notizia della visita di Papa Francesco in Indonesia, in linea con l’impegno per promuovere tolleranza, pace e fratellanza tra comunità religiose, tra i popoli, tra le nazioni. Per rendersi conto della portata e del ruolo di queste due organizzazioni è necessario sottolineare come la fondazione di entrambe risalga agli inizi del secolo scorso, in un clima ancora profondamente coloniale.
La Muhammadiya, che oggi conta circa 29 milioni di aderenti, è stata fondata nel 1912 ed è considerata un movimento riformista. Segue, di fatto, la filosofia e il pensiero di Muhammad Abduh, un pensatore musulmano egiziano vissuto al Cairo alla fine del XIX secolo (1849-1905), e predica una purificazione della fede, mettendo l’accento sul senso individuale di responsabilità morale. È impegnata in prima linea nell’istruzione soprattutto a livello superiore e universitario, con 14 mila istituti scolastici che vanno dalla scuola primaria alla formazione universitaria, senza ignorare le quasi 7.500 scuole per l’infanzia.
La Nahdlatul Ulama (“la Rinascita degli ulama”) o NU, si è formata nel decennio successivo, dal 1926, come reazione al propagarsi del wahhabismo saudita nel mondo islamico internazionale. Il sistema educativo indonesiano è caratterizzato dai cosiddetti “pesantren“, scuole che coniugano la formazione laica con quella religiosa. Nei centri gestiti da NU, si insegna e pratica un Islam tradizionale, che non si ispira al wahhabismo saudita, quanto a testi classici di ulema mediorientali e indonesiani. Il movimento abbraccia le tradizioni preislamiche e il sufismo di Abu Hamid al-Ghazali e conta oggi circa 50 milioni di affiliati.
I dirigenti di queste due organizzazioni, che sono in prima linea nell’organizzazione della visita di papa Francesco, sono convinti che l’impatto sull’opinione pubblica sarà senza dubbio positivo, favorendo atteggiamenti di dialogo fra l’Islam e le altre religioni (non solo il cristianesimo, ma anche l’induismo e il buddhismo) presenti nell’arcipelago indonesiano.
Un segno concreto della tolleranza e collaborazione fattiva per l’armonia sociale che caratterizza queste organizzazioni e l’impegno della Chiesa cattolica è la notizia recentemente diramata dal Ministero indonesiano per gli Affari religiosi che nella nuova capitale, Nusantara, sorgerà una basilica intitolata a San Francesco Saverio. La notizia, pubblicata nei giorni scorsi dall’Agenzia Fides, ha riportato anche il dettaglio che nel prossimo mese di ottobre verrà posta la prima pietra della Basilica cattedrale.
Nusantara, situata sulla costa orientale dell’isola del Borneo, sarà presto la nuova capitale dell’Indonesia. Si tratta di un mega progetto promosso dall’attuale presidente indonesiano Joko Widodo, che ha già trasferito alcune attività nel nuovo Palazzo presidenziale in via di completamento.
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