Quale idea di persona?
Alla permeabilità e oscillazione tra i generi è collegata, come conseguenza immediata per la società, la richiesta di “nuovi diritti”: il diritto a scegliere il proprio sesso, nella doppia possibilità di riassegnazione chirurgica o di rettifica anagrafica senza dover completare la transizione biologica; il diritto a essere riconosciuti nei documenti legali come intersessuali e transgender; il diritto a non veder trattata l’intersessualità come una malattia; la depatologizzazione dei disturbi di identità di genere, rinominati «varianti dell’identità di genere»; la difesa delle minoranze sessuali e il diritto a scegliere la propria sessualità senza dover subire discriminazioni; il diritto al matrimonio omosessuale e all’adozione; il libero accesso all’aborto come «diritto umano fondamentale»; infine, il diritto ad avere un bambino senza alcun limite di età o di modo di vita sessuale (omosessuali, single), attraverso l’accesso alle tecnologie riproduttive.
Se queste rivendicazioni sono in parte condivisibili, diventano però inquietanti quando coinvolgono i figli, prodotti in laboratorio combinando il proprio materiale genetico con gameti di anonimi donatori (senza identità e senza storia da trasmettere) e allevati secondo progetti parentali in reti di relazioni sociali tra le più eterogenee.
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Eliminare il “limite” del corpo ci consegna agli scenari grandiosi ed esaltanti di una civiltà della tecnica dove però donne e uomini diventano semplicemente superflui, mentre i diritti dei figli (sempre più prêt à porter) vengono piegati per favorire quelli degli adulti.
La discussione intorno a questi temi è resa più ostica dal fatto che facilmente viene condotta su un piano puramente emozionale: la natura della questione, che intercetta la parte più intima e vulnerabile della nostra identità e del nostro essere in relazione, scatena spesso reazioni violente anziché fornire ragioni consistenti. Alla fine, contano solo i rapporti di forza, cioè i voti, spesso influenzati da abili campagne mediatiche.
Appare chiaro, però, che indietro non si torna: non è possibile ignorare o coprire una realtà complessa, disarticolata e spesso ambigua, e, ancor di più, non si può cedere alla tentazione di stigmatizzare o escludere chi non entra nel binarismo sessuale. Alla base della richiesta di nuovi diritti c’è spesso una sofferenza e un’esigenza che vanno ascoltate, comprese, accolte. Sia a livello dei rapporti quotidiani, sia a livello di leggi e diritto. Questo però non implica l’automatica ratifica di tutta questa realtà e ancor meno la sua promozione a orizzonte normativo, senza un’adeguata riflessione critica.
Viviamo in un tempo di mutamenti rapidi e imprevedibili che la persona fatica a rielaborare: tempo della fragilità dei legami e della invasività delle tecnologie, di eccesso di informazioni e di spettacolarizzazione dell’affettività, di ipersessualizzazione da parte di media e pubblicità che, mentre esortano gli adulti a restare permanentemente giovani, trasformano i bambini in piccoli adulti, di cui devono imitare l’aspetto e il comportamento. Si diffondono nuovi modi di intendere i legami e di vivere gli affetti: coesistono, gli uni accanto agli altri, modelli fra i più vari quanto ai ruoli di genere e alle forme di famiglia (nucleare, allargata, ricostituita, omosessuale, formata da una sola persona o da unioni multipersonali). A ciò si aggiunge il cambiamento dei comportamenti sessuali nei giovani con l’anticipazione del primo rapporto sessuale e l’aumento del numero dei partner senza legame affettivo.
La necessità di preparare i piccoli e i giovani a porsi responsabilmente di fronte alla complessità socioculturale del nostro tempo si scontra col problema di individuare percorsi formativi e educativi sui quali vi sia il più ampio consenso.
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Quale idea di persona e di famiglia, di sessualità e di intimità troviamo dunque espressa? Esaminerò di seguito tre aree dell’educazione sessuale trattate in modo differente a seconda che si adotti un “approccio di genere” (o revisionista) oppure un “approccio personalista”. Divaricherò intenzionalmente i modelli, per portare all’estremo le loro implicazioni, anche se è evidente che essi vanno sempre più influenzandosi. Pur incompatibili nei fondamenti, essi possono addestrarsi a comprendere gli uni le ragioni degli altri.
Da Gender di Susy Zanardo. Contributi di: Paola Binetti, Livia Turco, Daniela Notarfonso (Città Nuova, 2016)