Quale Europa dalla convenzione?

È stata fissata per il prossimo 18 luglio la consegna della copia definitiva della Convenzione a Carlo Azeglio Ciampi, in quanto presidente della Repubblica italiana, del paese cioè cui spetta la guida dell’Unione europea nel secondo semestre del 2003. Si è discusso molto e molto si discuterà sul risultato raggiunto. Se pensiamo alle difficoltà che hanno costellato il percorso del primo mezzo secolo dell’Unione, già Comunità europea, agli interminabili negoziati che hanno preceduto ogni nuovo ingresso di un paese membro, ai referendum che hanno visto in certi paesi prevalere maggioranze risicate, quando addirittura non ne hanno decretato l’uscita, a certe vistose eccezioni che vedono ancora paesi importanti come la Gran Bretagna fuori dall’euro, si deve forse giudicare positivo il risultato raggiunto finora, nonostante tutto. Se invece ci si confronta con le attese, non si può non condividere il malumore e la delusione emersi via via che la bozza prendeva corpo e veniva resa pubblica. Molti si chiedono se non rappresenti un passo indietro, piuttosto che uno in avanti, visto che nessuna costituzione al mondo prevede l’unanimità. I recenti disaccordi nei confronti degli Stati Uniti, il principale alleato e partner commerciale dell’Europa e fra gli stessi paesi membri dell’Ue a proposito della guerra in Iraq dimostrano quanto poco coesa sia l’Unione stessa, incerta pure sulle proprie origini spirituali e culturali, e quante malcelate ambizioni covino al suo interno. Forse non si è riflettuto abbastanza sul rischio di affrettare un allargamento che i paesi candidati certo meritano avvenga in tempi brevi, ma non in assenza di un solido punto di ancoraggio. Si è proceduto, invece, soprattutto attratti dal miraggio dei nuovi mercati che si sarebbero sviluppati ad est, senza riflettere a quale fragile sostegno venivano aggiunti nuovi pesi e nuove forze centrifughe. L’invito, in sostanza, non vuole essere a ritardare l’allargamento, ma a rinforzare con urgenza le fondamenta dell’edificio europeo che sta per essere sopraelevato di altri due piani. Tuttavia, come meglio evidenzieranno gli approfondimenti che seguono, restano aperte prospettive per fare meglio domani ciò che non si è potuto fare oggi. Il nostro augurio è che al presidente Prodi, di cui non si può che condividere la radicata fede europeista, resti il tempo di realizzare quanti più progressi possibile sulla rotta di un sogno che vede crescere l’unione politica del continente. E che il semestre di presidenza italiano assecondi efficacemente questo sogno nei fatti. Non ci sarebbero scusanti per un fallimento. E all’ottimismo ci invita il papa nell’esortazione apostolica Ecclesia in Europa. Un documento programmatico sulle grandi sfide per i cristiani del Vecchio continente, con il quale Giovanni Paolo II arricchisce l’ormai lunga serie di interventi sull’Europa che punteggiano i 25 anni del suo pontificato. A partire dal famoso concetto di un continente a due polmoni che aprì l’integrazione fra est e ovest, sottolineata più tardi con la proclamazione di Cirillo e Metodio a co-patroni d’Europa, ai mille e mille richiami riassumibili nell’invito espresso parlando alla Comunità europea a Bruxelles. “Fonda il tuo avvenire sulla verità dell’uomo, apri le tue porte alla solidarietà universale”. Oggi Giovanni Paolo II riprende il tema del contributo storico offerto dal cristianesimo alla nascita dell’idea stessa di Europa, chiedendo con fermezza ai redattori del futuro Trattato costituzionale europeo che “in esso figuri un riferimento al patrimonio religioso e specialmente cristiano dell’Europa “. E soprattutto invita le istituzioni del continente a costruire l’Europa dei valori e dei diritti. “Alzate la voce – scrive il papa, riprendendo quanto hanno detto i padri sinodali – quando sono violati i diritti umani dei singoli, delle minoranze e dei popoli, a cominciare dal diritto alla libertà religiosa; riservate la più grande attenzione a tutto ciò che riguarda la vita umana dal suo concepimento fino alla morte naturale e la famiglia fondata sul matrimonio: sono queste le basi sulle quali poggia la comune casa europea; affrontate, secondo giustizia ed equità e con senso di grande solidarietà, il crescente fenomeno delle migrazioni, rendendole nuova risorsa per il futuro europeo; fate ogni sforzo perché ai giovani venga garantito il futuro veramente umano con il lavoro, la cultura, l’educazione ai valori morali e spirituali”.

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