Quale educazione sessuale?

Strumento per il controllo dello sviluppo demografico o di prevenzione di gravidanze indesiderate negli anni del boom economico, veicolo di un’immagine edonistica della sessualità sganciata dalla sfera dell’affettività. Nel corso del tempo l’educazione sessuale ha assunto diverse finalità. In Ruoli di genere, per un’educazione affettivo-sessuale libera e responsabile, Bellantoni ne ripercorre l’evoluzione
Ruoli di genere

A partire dal boom economico e dalla successiva progressiva at­tenzione rivolta, da una parte al concetto di qualità della vita e dall’al­tra all’affermazione delle pari opportunità, si afferma l’esigenza di una educazione sessuale orientata anche a esercitare una sorta di “control­lo” sullo sviluppo demografico del Paese.

Se prima, e soprattutto nella società rurale, i figli venivano anche considerati come risorse per le tante aziende agricole a carattere fa­miliare, nel nuovo contesto si affermano due diverse esigenze: da una parte, lo spostamento di gran parte della manodopera dalle campagne verso il settore industriale, dall’altra l’esigenza di “liberare” progres­sivamente la donna da una certa “schiavitù domestica” per favorirne l’inserimento occupazionale.

A tale cambiamento socio-culturale, veramente di tipo epocale, contribuì non poco, da una parte la diffusione della pillola anticonce­zionale che, sperimentata con successo da Garcia, Rock e Pincus nel 1958, comparve sul mercato farmaceutico negli USA due anni dopo, in Europa a partire dal 1961 e, infine, in Italia dal 1972 (Pescetto et al. 2004, 441-442).

Inoltre, sempre in Italia, il 22 maggio 1978, veniva approvata la legge n. 194, intitolata «Norme sulla tutela della maternità e sull’in­terruzione volontaria della gravidanza» che, in realtà, ebbe come suo principale effetto quello di legalizzare il ricorso all’aborto volontario, assicurandone la sovvenzione da parte del servizio pubblico, cercando così di ridurre anche il numero di interruzioni di gravidanza mediante pratiche clandestine e pericolose.

Intanto, parallelamente, i movimenti ideologici sviluppatisi e veicolatisi nell’ambito del ’68 avevano promosso la visione di una condotta sessuale antiautoritaristica, capace di superare i limiti delle tradizioni e delle istituzioni, nonché di affermare il principio del “li­bero amore” che, sempre più nel tempo, e come sarà evidenziato nei capitoli successivi, avrebbe assunto la connotazione di una effettiva.

Questo excursus storico-sociale, brevissimo e sicuramente non esaustivo, permette tuttavia di contestualizzare questa prima acce­zione di educazione sessuale, la quale finisce con l’essere interpretata semplicemente e semplicisticamente in chiave di controllo demogra­fico e di prevenzione verso gravidanze precoci o, comunque, indesi­derate.

Si tratta di una visione che, se da una parte, come visto, ha una sua ampia diffusione nel periodo post-sessantottino, dall’altra è attual­mente e ampiamente ancora diffusa (ad esempio, continua a sostenere una sostanziale differenza, soprattutto in ambito familiare, tra ragazzi e ragazze, per ciò che concerne l’approccio educativo ai ruoli e alle condotte sessuali).

In continuità e in parallelo con i movimenti postsessantottini, la separazione del significato procreativo dal rapporto sessuale e il pro­gressivo misconoscimento dello suo valore unitivo di coppia, conduce – anche in scia alla diffusione di una cultura edonistica, affermatasi parallelamente alla società dei consumi e veicolata massicciamente dai mass media – a una sempre maggiore sensibilità verso la qualità del­la “prestazione” sessuale, spesso completamente sganciata da una sia pur minima implicazione di carattere affettivo.

I modelli proposti dai media di massa, dalle star della cultura di massa, dalle serie televisive di maggior successo, Sex and the City, per fare un esempio conosciuto in tutto il mondo occidentale, mostrano donne in grado di gestire la propria sessualità, in grado di entrare in relazio­ni erotiche temporanee, flessibili, definite dall’episodicità e non dalla durata, scarsamente interessate all’aspetto relazionale e più orientate alla performance, insomma modelli che hanno caratterizzato fino a oggi il genere maschile. Il giudizio morale su queste donne, almeno nelle fiction, prescinde dal loro comportamento sessuale e, come è stato tradizionalmente per gli uomini, si fonda su altri comportamenti della sfera pubblica.

La compresenza di sessualità e affettività […] lascia il posto alla separazione tra i due elementi e a una visione diffe­rente e disimpegnata delle relazioni sessuali ed erotiche nelle società contemporanee (Giddens 1992; Castells 1997). […] Forse il modo migliore per spiegare queste trasformazioni e cambiamenti sociali è considerare quanto la logica del consumo abbia permeato e influito sulle relazioni interpersonali riportandole a un processo di mercifica­zione dal quale nessuna attività viene esclusa: lavoro flessibile, tempi flessibili, amori flessibili, poco spazio per progetti di vita o lavoro che si fondino sulla durata, sulle relazioni, sul riconoscimento. Le risposte a bisogni, necessità e desideri vengono ricercate nei prodotti, nei ser­vizi e nelle rappresentazioni che pensiamo possano soddisfarli (Leo­nini 2008, 210).

Si giunge, in tal modo, a quella distinzione che, nel mondo con­temporaneo, appare assolutamente legittima e che rimanda alla netta differenza tra “fare sesso” e “fare l’amore”.

Appare evidente come tale attenzione alla qualità del rapporto sessuale, lungi dall’essere un limite o qualcosa di irrilevante, va sicura­mente accolta come un aspetto assolutamente positivo, promuovente il benessere stesso della coppia e, come tale, indispensabile. Il pro­blema, semmai, nasce nel momento in cui, così come per altre realtà, si finisce con lo scambiare una parte con il tutto, assolutizzando in questo caso tale aspetto e trascurandone altri altrettanto importanti.

A partire dagli anni ’70, infatti, era facile sentire coppie di fidan­zati parlare dell’importanza di avere una positiva intesa sessuale, un feeling che riguardasse esclusivamente la dimensione del piacere fisi­co. In realtà, se in passato tale aspetto era stato troppo spesso colpe­volmente trascurato, il rischio era a questo punto commettere l’errore opposto e non dare opportuna attenzione a tutta un’altra serie di “in­tese” riguardo a scopi e valori fondamentali: come sempre, il positivo si trova nell’equilibrio tra le posizioni estreme.

 

Domenico Bellantoni, RUOLI DI GENERE, per un’educazione affettivo-sessuale libera e responsabile (Città Nuova, 2015)

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