Quale assistenza
Lo Stato potrebbe fare molto. In Italia la libertà delle famiglie di scegliere interventi riabilitativi sfocia a volte nel disorientamento. La logica è: fai per tuo figlio quello che vuoi e pagaglielo. Non c’è accordo su quali terapie sono più efficaci per l’autismo né fondi alle famiglie per somministrarle. Lo Stato attraverso l’Inps eroga ai disabili somme che servirebbero in realtà per vivere. E le terapie chi le paga? La famiglia ha il carico di provvedere e fa da servizio sociale. Ciò significa non dare a tutti le stesse possibilità.
La scuola prevede l’inclusione scolastica per i disabili, fornendo figure di supporto (insegnante di sostegno e assistente). La Svizzera, invece, sostiene e incanala bambini e ragazzi in situazioni dedicate a loro. Ma la libertà di scelta delle famiglie è più limitata. Dal punto di vista della salute gli ospedali (in particolare i centri di neuropsichiatria infantile) fanno la cosiddetta presa in carico e forniscono la diagnosi. Ma per le terapie indirizzano le famiglie presso specialisti privati o strutture territoriali gratuite che non sempre sono all’altezza. E dopo i 18 anni? Non esistiamo più. I centri di psichiatria non danno sostegno né forniscono interventi. L’assistenza domiciliare è limitata: poche ore a settimana con interventi non sempre mirati. Gli operatori spesso non hanno una formazione specifica sull’autismo. La scarsità di ore dovuta a mancanza di fondi dà poco sollievo alle famiglie. Forse lo Stato potrebbe informarsi di più sulle nostre necessità, creando una rete di contatti con le famiglie oltre che con le associazioni, spesso divise fra loro su metodi e terapie. Ci proviamo?