Qualcosa di meraviglioso
Una storia reale, fatta di dolore, comprensione, fatica e successo. Ce ne sarebbe abbastanza per un film stucchevole e lacrimoso. Specialmente se il protagonista è Fahim, ragazzino campione di scacchi in Bangladesh ma costretto ad emigrare con il padre in Francia, dove vivono nelle periferie parigine come i tanti sans papier, senza documenti.
Il padre è smarrito, non riesce ad imparare la lingua, ha paura di tutto. Il ragazzino è intelligente, vispo, curioso, amichevole. Fahim viene notato dai servizi sociali e portato da Sylvain, uno dei migliori allenatori francesi di scacchi: uomo ruvido, difficile. Fra diffidenza e attrazione, i due imparano a convivere e a diventare amici. Ma il dramma rimane: il padre viene rispedito in patria, si nasconde, mentre il figlio riesce a vincere a Marsiglia il torneo nazionale. Fahim è anche lui un immigrato sans papier come il padre, che fare? Gli amici francesi si muovono, interviene il Primo Ministro, così che ora la famiglia si è ricongiunta e tutti vivono in Francia.
Su questa storia autentica il regista innesta il suo messaggio. Ossia, perchè ciò che è successo a Fahim non potrebbe accadere per tanti altri ragazzini immigrati? C’è voluto il sacrificio del padre, che vive di notte per nascondersi dalla polizia, la generosità di alcune persone, il buon cuore del rude Sylvian a cambiare la via del ragazzino del Bangladesh. Potrebbe questa storia smuovere altri cuori, la gente non è così chiusa come certi politici vogliono far credere.
Il film è commovente, emozionante, con tocchi umoristici che alleggeriscono i momenti bui. I grandi occhi puliti di Fahim e quelli smarriti del padre dicono tutto, l’essenziale: il regista ha la bravura di renderli espressivi e di riuscire poi a dare a Gérard Depardieu, la nota di un Sylvain scorbutico, ma misurato e in fondo tenero. Nessuna retorica, niente sentimentalismo. Parla la vita. Parlano il dolore, il rischio, la speranza. Certo, la realtà dura delle periferie parigine, dei sans papier è raccontata così come è. I padri sono spaventati dall’Occidente, i figli invece si integrano con gli amici presto e naturalmente, ma l’ansia per il futuro resta sullo sfondo.
Il regista ha l’eleganza di commuoverci con discrezione, di farci scoprire i sentimenti, dentro una società, quella francese, che possiede anche un cuore, sa accogliere. Un miracolo questo racconto, una storia di speranza che fa bene a tutti, ragazzi e adulti.