Qualche domanda sulle rivolte in Iran

Come interpretare le manifestazioni che hanno colpito il Paese sciita per eccellenza? Sono proteste interne o fomentate dall’estero? Dove si svolgono, e chi vi partecipa? Qualche tentativo di risposta

Dove sono iniziate le manifestazioni?

Nella città di Mashhad, giovedì scorso. Da quel momento 50 città e cittadine iraniane sono state toccate dalla protesta. Teheran solo al terzo giorno è entrata nel novero delle città implicate.

Bilancio degli scontri?

In alcune città le proteste popolari hanno conosciuto atti di violenza e quindi la repressione delle forze di polizia. Si parla di 21 morti, mentre altre fonti ufficiose parlano di 40 morti. I feriti sarebbero un paio di centinaia, secondo i media locali. Gli arresti sarebbero diverse centinaia, 450 solo nella capitale.

Chi manifesta?

Sono persone provenienti dai ceti più popolari, in particolare coloro che erano state beneficiati dalle misure “a pioggia” del precedente presidente Ahmadinejad che, incurante dell’inflazione, aveva distribuito sussidi ai ceti meno abbienti del Paese. Gli studenti si sono uniti alla protesta solo in un secondo momento. La lettura degli slogan pronunciati sembra comunque indicare l’assenza di leader nazionali della rivolta.

Cosa chiedono i manifestanti?

I manifestanti accusano il fallimento in economia del governo del presidente Hassan Rouhani, soprattutto per la disoccupazione che è al 12 % con percentuali localmente più elevate per i giovani. Si protesta anche contro la corruzione dei funzionari dello Stato. In terzo luogo si sono levati slogan contro l’interventismo iraniano in Siria, Libano, Iraq, Yemen… Certi manifestanti pensano (i manifesti e gli slogan al riguardo non sono moltissimi) che le spese militari eccessive stiano impoverendo il Paese, nonostante l’accordo sul nucleare.

I religiosi vengono accusati?

All’inizio le manifestazioni erano solo contro il governo, ma poi a Teheran e in altre grandi città si è protestato persino contro la guida suprema Ali Khamenei e qualcuno ha persino auspicato il ritorno della monarchia.

Era prevedibile la rivolta?

Come sempre le rivolte popolari sono imprevedibili. Ma lo stato dell’economia preoccupava il governo Rouhani da tempo. Il basso prezzo del petrolio anche a Teheran si fa sentire, così come le sanzioni per tanti anni decretate contro Teheran dai Paesi occidentali.

Come hanno reagito le autorità iraniane?

Rouhani ha cercato di giocare dapprima la moderazione, dicendo che gli iraniani sono «assolutamente liberi di criticare il governo e di protestare». Ma ha anche messo in guardia i rivoltosi, sostenendo che le forze di sicurezza «non avrebbero mostrato alcuna tolleranza per coloro che danneggiano le proprietà pubbliche, violano l’ordine pubblico e creano disordini nella società». Internamente riformisti e conservatori si sono accusati reciprocamente di aver fomentato i disordini, ma sono stati uniti nell’accusare le potenze estere di aver scatenato i disordini. L’Ayatollah Khamenei ha detto che «i nemici dell’Iran usano i loro soldi, le armi, la politica e i servizi segreti per danneggiare la Repubblica Islamica».

E come hanno reagito i leader stranieri?

Trump (Usa), Mohammad bin Salman (Arabia Saudita) e Netanyahu (Israele) hanno dichiarato la loro simpatia e il loro sostegno ai manifestanti. Gli europei, in particolare Macron, la Merkel e Gentiloni si sono mantenuti molto prudenti sugli avvenimenti iraniani.

Internet funziona ancora?

Vari social network sono stati messi sotto controllo, come testimonia la drastica diminuzione di immagini e messaggi sulle manifestazioni. FB e Twitter sono quasi bloccati, mentre Telegram continua a funzionare a singhiozzo.

Quali sono i numeri della povertà iraniana?

In mancanza di altri dati sufficientemente credibili, Bbc Persian rileva che, in media, gli iraniani sono diventati più poveri del 15% negli ultimi dieci anni e che il loro consumo di pane, latte e carne rossa è diminuito tra il 30% e il 50%.

Quale il ruolo di Mahmoud Ahmadinejad?

L’ex presidente sembra aver sostenuto la protesta, che guarda caso è nata nella sua città, Mashhad. La rivolta non nasce dai ragazzi di Teheran, di Isfahan e di Shiraz, da coloro cioè che avevano infiammato le città iraniane nel 2009 con le loro richieste di maggiore libertà e di democrazia. Solo in un secondo momento i giovani cittadini si sono uniti alla rivolta, forse per approfittare semplicemente del caos.

Si può perciò dire che sia una rivolta “conservatrice” contro i “progressisti”?

In certo modo sì, se queste classificazioni hanno ancora senso. In ogni caso la protesta parte da settori di gente impoverita dall’economia iraniana.

Ci sono influenze straniere nelle rivolte?

Nulla permette di affermarlo attualmente. Serve tempo per capirlo. Come nel caso delle rivolte di Kiev alla Maidan nel 2011, dapprincipio non si era capito che dietro le rivolte c’erano i soldi di “amici stranieri”. Le “felicitazioni” simultanee degli uomini forti di Washington, Tel Aviv e Riad fanno nascere sospetti, ma nulla è ancora provato.

Negli ultimi mesi vi sono stati segni di destabilizzazione politica in alcuni Paesi mediorientali: Arabia Saudita, Libano, Siria, tra Natale e Capodanno persino in Giordania, oggi in Iran. Ci sono legami tra questi tentativi di destabilizzazione?

La regione è sottoposta a forti cambiamenti dovuti al risultato delle guerre siriane e irachene, che hanno creato di fatto (anche per l’intervento iraniano e russo) una sorta di “corridoio sciita” tra Teheran e il Libano degli Hezbollah. Ciò non può piacere ai sunniti guidati da Riad e sostenuti da Washington. Non c’è nulla di veramente stabile attualmente in Medio Oriente.

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