Putin al plurale
Nell’ultima settimana alcune notizie “europee” hanno portato di nuovo Vladimir Putin, presidente della Federazione russa, sulle prime pagine dei giornali. Il 23 marzo, a Kiev è stato ammazzato all’uscita da un hotel nel centro della capitale ucraina Denis Voronenkov, ex deputato russo e oppositore del presidente. Il 25 marzo, invece, una première: a Minsk, capitale della Bielorussia, una rivolta insolita, quella del pane, dei poveri che non riescono più nemmeno a mangiare correttamente, per la crisi economica dovuta all’abbandono delle tariffe preferenziali su gas e petrolio offerte dai russi ai bielorussi. Il 26 marzo, infine, a Mosca e in altre cento città russe, il blogger Navalnyj ha fatto scendere in piazza, grazie ai social, alcune migliaia di persone che hanno contestato la politica di repressione delle libertà di coscienza in Russia.
Putin appare quindi sulle prime pagine non per le questioni siriane o trumpiane, ma per ragioni legate ai suoi “orticelli”, cioè Ucraina e Bielorussia, e alla sua gestione delle libertà. Facile il tiro al piccione da parte dell’Occidente che vede in Putin il nemico del suo patrimonio liberale. Panebianco, sul Corriere, crede di capire che la Russia vuole influenzare l’Europa con il suo regime, appunto, illiberale.
Al di là delle questioni particolari – non si saprà mai chi è stato il mandante di Voronenkov, si negherà che la causa dei disordini a Minsk sia il fatto che Putin che ha abbandonato Lukashenko, e a Mosca molto probabilmente ci si dimenticherà la protesta di Novalnyj e dei suoi amici contro Medvedev e Putin – restano alcuni dati di fatto: la Russia è in grave crisi economica, per le sanzioni legate al caso ucraino e per la crisi dei corsi del gas e del petrolio, ma anche per una crisi demografica che sta diventando devastante; a Mosca non è mai esistita una tradizione liberale all’occidentale, e non si può fare credere che sia imminente un cambio di stile di governo, anche perché Putin gode di un sostegno popolare che all’Ovest nessuno può vantare; la Russia è Europa e non lo è, nel senso che da sempre i russi hanno una loro apertura geografica ad Est che contrasta con lo sguardo che tanti intellettuali (e taluni nuovi ricchi) indirizzano verso Ovest.
Non si può guardare a Mosca con i parametri del liberalismo occidentale, così come non si può farlo coi Paesi arabi o coi cinesi. Lo sguardo deve essere rispettoso delle diversità. Per capire, per comprendere le dinamiche di un mondo diverso dal nostro, e anche per poter eventualmente condannare fatti gravi che riguardano i diritti umani e le forzature delle regole di convivenza civile.