Putin a casa di Xi Jinping
Si è trattato della diciannovesima visita di persona dell’attuale capo del Cremlino al suo corrispondente cinese. Ovviamente Putin ha iniziato i suoi viaggi nella capitale cinese ben prima che Xi Jinping arrivasse al potere. Tuttavia, se vogliamo restare alle semplici statistiche, che sono crude ma dicono sempre qualcosa, i due si sono incontrati per la quarantatreesima volta dal 2013. Ovviamente, questa cifra comprende anche vari incontri online. Si tratta di numeri che la dicono lunga sull’importanza del rapporto Mosca-Pechino, soprattutto se messi a confronto con gli incontri avvenuti con leader europei – Germania, Francia, Inghilterra e Italia –, che, anche sommati insieme, raggiungono un numero molto inferiore.
Inoltre, sappiamo per esperienza che i comunicati ufficiali di entrambi i Paesi dicono sempre qualcosa più fra le righe che in modo esplicito. Ebbene, questa volta Putin ha definito la relazione fra i due giganti come un «partenariato con prospettive illimitate». Una dichiarazione che si sovrappone a quella rilasciata nel 2022, pochi giorni prima di invadere l’Ucraina, quando aveva stigmatizzato il rapporto con Xi e con la Cina come una «amicizia illimitata».
Quella della scorsa settimana è stata una visita che è servita ad entrambi. L’accoglienza ricevuta, definita da vari osservatori come degna dei grandi e sontuosi eventi di Piazza Tiananmen, è un segno importante per il leader russo per dimostrare quanto la Russia conti agli occhi della Cina. E questo non è fondamentale solo per l’opinione pubblica di casa, ma lancia un segnale neanche troppo criptato agli osservatori, ai governi occidentali e alla Nato. In effetti, quanto appena detto è sufficiente per segnalare che i rapporti fra i due Paesi non si è assolutamente affievolito o incrinato.
Resta chiaro che Cina e Russia rimangono grandi amici. Questo ha, ovviamente, una serie di conseguenze, in un momento in cui la guerra in Ucraina sembra volgere a favore della Russia, che, fra l’altro, ha mostrato di saper reagire alle sanzioni occidentali che non paiono aver danneggiato il suo sistema, come si sperava sia a Washington che a Bruxelles. È probabile che anche questo aspetto stia a dimostrare il supporto della Cina al Paese “amico”. In effetti, a parte l’importazione di petrolio, nel biennio 2022-2023, il commercio complessivo fra i due Paesi ha visto un incremento totale pari al 26%. Ciò che sembra però preoccupare di più Nato e occidente in generale è il crescente numero di esercitazioni militari congiunte che i due eserciti e apparati militari (russo e cinese) svolgono negli ultimi tempi.
Tuttavia, alcuni attenti osservatori attirano l’attenzione sul fatto che il rapporto fra i due leaders e, in generale, fra i due Paesi è tutt’altro che paritario. La Russia appare fortemente alle dipendenze della Cina, che se di fatto ha sempre mantenuto una posizione neutrale sul conflitto con l’Ucraina, continua a fornire alla Russia componenti fondamentali di materiale militare. Tale aiuto potrebbe essere pari al 50% di quanto l’apparato militare di Putin ha attualmente bisogno.
Inoltre, non si deve ignorare un altro elemento: la Russia è ben lontana da giocare un ruolo nel conflitto a distanza (si fa per dire!) fra Stati Uniti a Cina nel controllo di economia e finanzia globale. Per tutti questi motivi il rapporto Putin-Xi resta complesso e, al tempo stesso, fondamentale, soprattutto per il primo, per non apparire isolato sullo scacchiere mondiale. Da parte sua, Xi, con il tipico pragmatismo cinese, mantiene la sua posizione di vantaggio e condivide una visione del mondo analoga a quella del leader russo, che ha dichiarato che «Russia e Cina stanno lavorando insieme per creare un ordine mondiale più giusto basato sul diritto internazionale e sull’equilibrio degli interessi di tutti i Paesi».
In questi equilibri tutt’altro che semplici da comprendere, mantenere e gestire, la Cina sta da tempo dimostrando tutta la sua maestria. L’interesse di Xi, come quello di Putin, è arrivare a una multipolarità che attenui il potere globale degli Usa. Ma chi sembra avere in mano la bacchetta per dirigere l’orchestra è Pechino più che Mosca.