Puntare alla “misura alta”

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I recenti atti di contestazione e di ribellione ad Haiti, i contrasti etnici del Burundi e del Congo, le spaventose alluvioni nel Nordest del Brasile, la situazione di minoranza vissuta dai cristiani in terra islamica dal Nordafrica al Kazakhstan: sono solo alcuni dei contesti di provenienza dei 105 vescovi amici dei Focolari che, aderendo all’invito del card. Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga, sono convenuti dal 14 al 20 febbraio al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, per il loro 28° convegno internazionale. A riunirne tanti dai cinque continenti è stato il desiderio dicondividere, in una comunione dal respiro mondiale, dolori, gioie, preoccupazioni, sfide. Sono arrivato qui con grande sofferenza, ma la vostra presenza, la vostra attenzione, il vostro amore mi hanno risollevato, ha confidato alla fine un vescovo proveniente da un paese in guerra civile. E un suo confratello del Nordafrica: Questo è un tempo di grazia per il fatto che ci incontriamo, ci conosciamo e viviamo come un solo corpo. Un’esperienza di intensa fraternità, certamente, ma anche di spiritualità, come recitava lo stesso tema del convegno: Per una santità di popolo: vivere e riproporre la ‘misura alta’ della vita cristiana. Istanza tutt’altro che teorica, ma possibile ed estremamente attuale, come risultava dalle testimonianze di famiglie, giovani, sacerdoti, persone impegnate nella vita parrocchiale e nel sociale, nonché di vescovi stessi. Ripartendo dal Vangelo e dalla caratteristica arte d’amare che emerge da esso, si formano famiglie che, con la loro vita controcorrente, diventano avamposti della nuova evangelizzazione, e comunità cristiane che sviluppano un tale fascino da attirare chi guarda alla chiesa da lontano. È stata questa una delle promettenti prospettive aperte. Chiara Lubich è intervenuta con una sua testimonianza su L’unione con Dio, soffermandosi in particolare sulla via del fratello. Per noi, la strada tipica, indiscussa, irrinunciabile, sperimentata con successo – ha affermato – è una: noi arriviamo all’unione con Dio amando il fratello. Ed ha ricordato il sintetico trinomio con cui Igino Giordani, confondatore del movimento, amava delineare questa via: Io, il fratello, Dio. Andando per questa strada – ha spiegato la fondatrice dei Focolari -, Dio si manifesta dentro di noi; lo avvertiamo presente. Non siamo più soli, noi con noi stessi. Siamo in due: egli e noi. E questo in tutte le situazioni della vita. Noi tutti dobbiamo diventare dei mistici, per poter vivere il cristianesimo nel mondo di oggi, ha commentato un vescovo dell’Ungheria, citando la nota espressione del teologo Karl Rahner secondo cui il cristiano del futuro o è un mistico o non è. Costante punto di riferimento per le riflessioni comuni è stata l’esortazione post-sinodale Pastores gregis, specialmente nella sua seconda parte dedicata alla vita spirituale del vescovo. Prendendo spunto da essa, il card. Walter Kasper, in visita al convegno, ha parlato del vescovo come uomo delle beatitudini. A sua volta il prefetto della Con- gregazione dei vescovi, card. Giovanni Battista Re, ha espresso gioia per questo tipo di convegni che offrono un’occasione propizia non solo per approfondire il rapporto con Cristo, ma anche la fraternità tra i vescovi: un aspetto – ha sottolineato – molto importante in questi tempi difficili. Intensa commozione ha suscitato il ricordo, nel decimo anniversario della morte, di mons. Klaus Hemmerle, vescovo di Aachen dal 1975 al 1993, considerato un confondatore dei Focolari per il suo contributo all’incidenza della spiritualità dell’unità nella vita della chiesa e nel campo della teologia e della cultura. Iniziatore di questi periodici appuntamenti di vescovi, ha speso ogni energia per alimentare fra loro lo spirito di famiglia. Una figura, la sua, che ha acquistato singolare rilievo in riferimento alla citata Pastores gregis, là dove si parla dell’esempio, anche ai nostri giorni, dei vescovi santi. Anima di queste giornate di intensa fraternità è stata la spiritualità di comunione che si coltiva nei Focolari e che porta frutti non soltanto in ambito ecclesiale, ma anche nel dialogo fra culture e religioni. Qui non si tratta unicamente di un’esperienza spirituale, ma di un impulso che ha incidenza universale, anche nell’economia, nella politica, nel sociale, ha costatato un vescovo svizzero, a commento delle efficaci videosintesi attraverso le quali è stato possibile ripercorrere, decennio per decennio, i 60 anni di vita dei Focolari. Una storia carica di speranza, perché – come è stato osservato – testimonia che Dio, proprio in questo tempo in cui venti gelidi spengono in tanti la fede, è fortemente all’opera e prepara una nuova fioritura di vita evangelica. A concludere il convegno, che ha messo in rilievo la forte convergenza fra gli orientamenti attuali della chiesa e gli effetti suscitati dal carisma dell’unità, è stata una conversazione dei vescovi con Chiara Lubich. Tra l’altro, è valsa ad approfondire il significato dell’inedita espressione con cui Giovanni Paolo II aveva definito i focolarini nel suo recente messaggio per il 60° del movimento: apostoli del dialogo, riferendosi a quello all’interno della chiesa, fra le chiese, con persone di altre religioni e con chi non crede. Tali hanno detto di voler essere i vescovi, facendo ritorno nelle loro nazioni. VIVERE LO STRAORDINARIO NELL’ORDINARIO Culmine del convegno è stata, mercoledì 18 febbraio, la partecipazione all’udienza generale del papa, che offriva ai fedeli un insolito quadro: il Santo Padre circondato dai vescovi su alcune gradinate, quasi un’icona della collegialità effettiva ed affettiva. Sintetizzando a voce il messaggio dedicato ai presuli, che qui riportiamo, Giovanni Paolo II ha rivolto uno speciale saluto anche a Chiara Lubich presente con loro. Venerati fratelli nell’episcopato! Sono lieto di farvi giungere il mio cordiale saluto, in occasione dell’annuale convegno di vescovi amici del Movimento dei focolari, che costituisce un momento propizio per approfondire insieme la spiritualità dell’Opera di Maria. Ho molto apprezzato che, per il presente incontro, vi siate proposti di riflettere e di confrontarvi sul tema della santità, quale esigenza primaria da proporre a tutti i membri del Popolo di Dio. Il Concilio ecumenico Vaticano II ha ricordato che la santità è la vocazione di ogni battezzato. Questa stessa verità ho voluto porre in risalto nella lettera apostolica Novo millennio ineunte, al termine del grande Giubileo dell’anno 2000. Solo, infatti, una comunità cristiana splendente di santità può compiere efficacemente la missione affidatale da Cristo, quella cioè di diffondere il Vangelo sino agli estremi confini della Terra. Per una santità di popolo: questa specificazione pone proprio l’accento sul carattere universale della vocazione alla santità nella chiesa, verità che rappresenta uno dei pilastri della costituzione conciliare Lumen gentium. Due aspetti generali vanno opportunamente sottolineati. Anzitutto il fatto che la chiesa è intimamente santa ed è chiamata a vivere e a manifestare questa santità in ogni suo membro. In secondo luogo, l’espressione santità di popolo fa pensare all’ordinarietà, cioè all’esigenza che i battezzati sappiano vivere con coerenza il Vangelo nella quotidianità: in famiglia, nell’attività lavorativa, in ogni relazione e occupazione. È proprio nell’ordinario che si deve vivere lo straordinario, così che la misura della vita tenda all’ alto, cioè alla piena maturità di Cristo, come insegna l’apostolo Paolo (cfr Ef 4,13). La Beata Vergine Maria, della quale vi so filialmente devoti, sia il modello sublime a cui sempre ispirarvi: in lei si compendia la santità del popolo di Dio, perché in lei risplende nella massima umiltà la perfezione della vocazione cristiana. Alla sua materna protezione affido ciascuno di voi, cari e venerati fratelli, mentre auguro ogni bene per il vostro convegno e di cuore imparto a tutti una speciale benedizione apostolica. Giovanni Paolo II

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