Puglisi e la forza della coscienza
Ieri, 25 maggio, al Foro Italico di Palermo, si é celebrata la messa per la beatificazione di don Pino Puglisi. Ed é stata una messa piena di significati. Intanto il segno visibile di una Palermo e di una Sicilia composita e complessa: la lettura del Vangelo in italiano e in greco mostra un territorio che comprende tra le sue diocesi l’Eparchia di Piana degli Albanesi, configurata in entrambi i riti: greco-bizantino e latino.
Poi i numeri dell’evento: hanno concelebrato, insieme a mons. Paolo Romeo, cardinale della città, oltre 40 vescovi, 800 sacerdoti, 70 diaconi. Presenti anche Piero Grasso, presidente del Senato, Angelino Alfano, vice primo ministro e ministro dell’interno, Anna Maria Cancellieri ministro della giustizia, Sergio Mattarella, giudice costituzionale, Alessando Marangoni capo della polizia, il Presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta e il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, Giampiero d’Alia ministro per la Pubblica amministrazione e semplificazione, Simona Vicari Sottosegretario allo Sviluppo Economico.
Ma ancora: 1.200 volontari tra scout e addetti alla protezione civile e oltre 80.000 persone provenienti da tutta la Sicilia e da varie parti d’Italia, anche se su queste cifre di presenza in modo ufficioso la polizia dichiara un quinto in meno. Resta comunque il valore di un appuntamento che tanti non hanno voluto perdere, pur affrontando disagi e stanchezza. Il motivo lo si trova nelle parole del cardinale Romeo: "Il martirio di padre Pino Puglisi richiama l’educazione delle coscienze e la Chiesa deve essere in prima linea. Qui si capisce la grandezza del martirio di don Puglisi che é stato ucciso perché era un prete che formava le coscienze, costruiva la comunità parrocchiale e aiutava le persone a uscire dai meccanismi che le rendono schiavi". Questo evidentemente – ha continuato Romeo – dava fastidio. Perciò penso che la sua beatificazione ci aiuterà a prendere coscienza del vero cambiamento da attuare. La gente pensa che devono cambiare gli altri. E invece don Puglisi ci dice che ognuno di noi ha qualcosa da cambiare nel proprio cuore, nel proprio pensare, nel proprio agire. Solo cosi la civiltà dell’amore potrà affermarsi”.
Mi riecheggiano nella mente, le parole di Salvatore Grigoli, il killer che ammise di aver sparato a don Pino. Grigoli fu arrestato il 19 giugno del 1997 dopo un lungo periodo di latitanza e subito dopo l’arresto iniziò a collaborare con i magistrati. Riporto ampi stralci della sua prima dichiarazione spontanea, resa appunto ai magistrati: “Dopo aver bruciato le porte di casa di quelle tre persone, ebbimo la comunicazione di commetere questo omicidio. Quella sera non eravamo andati per questo, ma si stava vedendo di conoscerne le abitudini e gli spostamenti. Lo incontrammo in una cabina telefonica nei pressi della Chiesa di San Gaetano. Si pensò allora di attuare subito il delitto, andammo a prendere l’arma. Si trattava di una 7,65 munita di silenziatore. Quindi andammo a ricercarlo. Alla cabina non c’era più. Decidemmo allora di attenderlo sotto casa. Cosa che avvenne. Lui arrivò e io e lo Spatuzza siamo scesi dalle macchine. Il padre si stava accingendo ad aprire il portoncino di casa. Aveva un borsello nelle mani. Fu una questione di pochi secondi: io ebbi il tempo di notare che lo Spatuzza si avvicinò, gli mise la mano nella mano per prendergli il borsello. E gli disse piano: “Padre questa è una rapina!”. Lui si girò, lo guardò – una cosa questa che non posso dimenticare, che non ci ho dormito la notte – sorrise e disse: “Me l’aspettavo”. Non si era accorto di me. Io allora gli sparai un colpo alla nuca”.
Grigoli il 7 settembre del 1998 ha scritto una lettera all'allora sindaco di Palermo, Orlando per rivolgere “le sue scuse” a tutta la città. “Oggi sono consapevole – scrisse Grigoli in quella lettera – di aver sbagliato in modo grave. Oggi inizio ad assaporare il bene e a disgustare il male. La morte di don Pino ha contribuito al mio cambiamento”.
Fra i convenuti a Palermo, sono giunti anche numerosi giovani del Movimento dei Focolari, i Giovani per un mondo Unito che in quest’anno hanno percorso diverse tappe del “Cantiere legalità” all’interno del Progetto Italia e che li ha portati sabato 25 maggio anche a Palermo e che li vedrà riunirsi da tutta Italia a Caserta a fine luglio.
Hanno voluto incontrarmi per condividere insieme le suggestioni e le emozioni vissute nella mattinata al Foro Italico. Come sempe per me è stato un piacere. Ho detto loro che che se è vero che laddove si è creato un problema (e qui l’abbiamo saputo creare bene!), li c’è anche la soluzione. La soluzione, ne sono testimone diretto, inizia a prendere forma anche a Palermo e in Sicilia ma oggi, con la beatificazione di Puglisi, si aggiunge un’altra tappa forte che imprime una accelerazione anche all’interno della Chiesa e dei credenti.
E che la soluzione é già presente lo si vedeva bene, quel pomeriggio trascorso insieme ai giovani per un mondo unito, attraverso le esperienze raccontate dai coniugi Sara e Pino Cassano della loro vita vissuta con semplicità nella parrocchia di San Gaetano insieme a Pino Puglisi. Ma anche attraverso l’esperienza raccontata dai ragazzi per l’unità di Palemo (ragazzi dai 9 ai 17 anni!) e dove io, trattenendo la commozione ho potuto finalmente far cenno al fatto che in questa esperienza chi ci ha guadagnato (anche in termini umani ) sono stato io, l’adulto; perché ho sperimentato quello che da anni sognavo: la paternità . Esser padre, cioé, non solo dei miei figli naturali (di cui sono orgoglioso), ma di una generazione e passar loro il testimone nella corsa al mondo unito.
Laddove si è creato il problema, lì c’è la soluzione.