Psicoterapia e spiritualità

Botta e risposta sulla riscoperta della spiritualità da parte della psicologia
Hall Freud Jung
La scorsa settimana a Wels, una cittadina austriaca nel pressi di Linz, si è svolto un congresso dell’associazione austriaca di Analisi Transpersonale. Il Convegno ha raccolto più di duecento psicoterapeuti impegnati professionalmente in questa prospettiva, che cerca di applicare alla psicoterapia classica la dimensione spirituale con una notevole influenza da parte di tradizioni spirituali asiatiche, particolarmente buddhismo ed induismo.

Questa assemblea cercava di concentrarsi, in particolare, su patologie sempre più ricorrenti, provocate da traumi bellici, tortura, scontri violenti e criminalità di diverso tipo. Da più di un anno ero stato invitato a presentare un intervento su “Spiritualità della fratellanza universale”. La psicoterapeuta che mi aveva contattato aveva insistito, nel corso dei vari scambi preliminari, che l’intervento parlasse in modo chiaro di spiritualità.

 

La cosa mi ha sorpreso, sia per aver studiato nei miei anni di università un interessantissimo corso di psicoanalisi, sia per la coscienza di sapere che, come di fatto ha sottolineato uno degli intervenuti, la religione in psicologia e psicoterapia è sempre stata o esclusa o resa patologica.

In effetti mi sono reso conto di quanto interesse ci sia e quanto desiderio per una vera dimensione spirituale. D’altra parte lo stesso Jung aveva affermato: «Sono stato contattato da clienti provenienti da tutte le parti del mondo e, senza eccezione, non ne ho trovato uno che non avesse un problema fondato sul suo atteggiamento personale nei confronti della religione, del rapporto con il trascendente e con la dimensione del trascendente. Tutti si ammalano per aver perso questo collegamento che in passato era assicurato dalla vita delle diverse religioni».

Per quanto interessante l’analisi di Jung non avrebbe la validità che merita se non si considera la conclusione alla quale arriva: «Nessuno può essere guarito se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso».

Si può senza dubbio discutere sul significato che ognuno attribuisce al termine spiritualità, ma il fatto indubitabile è che anche gli ambiti della psicologia si stan sempre più rendendo conto dell’importanza di quella dimensione, forse troppo presto messa da parte in nome dell’uomo moderno.

 

Roberto Catalano

 

Come saprai, Roberto, la psicologia, e soprattutto una certa “popolarizzazione” della psicologia è parte del linguaggio comune, di tutti i giorni, qui negli USA. Tante volte a proposito ed altre – mi si permetta – a sproposito. Di fatto, in molte librerie, la sezione piu frequentata è quella dei libri self-help.

A questo self-help, da una ventina o piu di anni, si è aggiunta la cosidetta componente spirituality di varie provenienze e qualità. Guardando i frutti di questo periodo, e le nuove attese generatesi, rimane sempre la sfida ed il punto di domanda di quanto una qualsiasi combinazione di psicologia e spiritualità aiuti le persone a integrarsi e uscire da sè, per amore (il che comporta virtù, fatica e sacrificio), per dare, costruire ponti e “dialogare” con qualsiasi persona le circostanze ci mettano accanto.

Sono queste le condizioni indipensabili per “trovarsi bene” con se stessi e generare rapporti di qualità. Altrimenti, e purtroppo lo si vede spesso, si può rimanere in un certo narcisismo psico-spirituale che può portare a problemi psico-spirituali (e anche etico-relazionali) maggiori, come bene descrisse il noto psichiatra americano Karl Menninger.

Cordiali saluti

Miguel Novak, Denver, Usa

 

Dal blog di Roberto Catalano
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