Psicologo o antidepressivi?

Si discute un progetto di legge sull’istituzione della figura dello psicologo di base. Un intervento a favore
sanità

Siamo in attesa, anche in Italia, di una legge che istituisca la figura dello psicologo di base accanto a quella del medico di base. Sarà un bene o un male? È in grado la società italiana di sfornare personale adeguato?

 

La presenza della psicologia nella cultura e nella società italiana, dall’inizio degli anni Settanta a oggi, si è moltiplicata in modo esponenziale; lo psicologo, però, è stato finora prevalentemente percepito come figura professionale essenzialmente affiancata al medico nella cura delle patologie. Questa visione riduttiva del ruolo dello psicologo, questo appiattimento sulla figura medica, è conseguenza sia della formazione prevalentemente medico‑psichiatrica offerta, ancora oggi, in molti corsi di laurea in psicologia, sia delle uniche possibilità di inserimento lavorativo (in ambito prevalentemente sanitario) offerte ai primi psicologi negli anni Settanta e Ottanta. L’appiattimento sulla figura medica riduce però, secondo molti osservatori, le potenzialità operative dello psicologo, al quale dovrebbe essere attribuito un ruolo primario e determinante nella promozione e cura.

 

Come afferma il prof. Mariko Bertini, la grande sfida che attende la psicologia nei prossimi dieci anni è a «livello primario della “cura della salute”» (Diekstra, 1988). Quindi dovrà essere del tutto diversa la formazione offerta agli psicologi nei tradizionali corsi di psicologia clinica. Lavorare con competenza “a livello primario” darà alla psicologia l’opportunità di immettere nel tessuto sanitario un orientamento decisamente innovativo, mirato innanzitutto alla prevenzione e al mantenimento della salute. Come afferma d’altronde il prof. Bertini, c’è oggi una forte tendenza alla cura orientata alla prevenzione primaria: in questo ambito, la partecipazione dello psicologo è ampiamente riconosciuta.

 

In una visione bio-psico-sociale della salute, infatti, è impossibile che le persone possano ricevere risposte adeguate se le loro domande vengono gestite esclusivamente a livello del soma, del corpo, cioè dal medico. Il presidente dell’Apa (Associazione psicologi americani) in un editoriale dal titolo “Visione per il futuro della pratica della Psicologia”, afferma che «per aver successo nel futuro, gli psicologi devono ampliare le loro prospettive, per divenire a pieno titolo protagonisti nel sistema di cura della salute. Ciò richiede di lavorare con i colleghi medici a livello di servizi di cura primaria».

In Inghilterra, ad esempio, il ministero della Salute ha avviato il programma quadriennale “Non c’è salute senza salute mentale”. Tutto parte da uno studio di economia sanitaria della London school of economics, che analizza i costi e i benefici degli interventi psicologici, dimostrando come gli interventi mirati alla “prevenzione e cura” dei più diffusi disturbi psicologici riducano drasticamente la spesa sanitaria e incidono significativamente sul Pil nazionale.

 

Nell’Unione europea, nel solo 2009, l’impatto economico derivante dal mancato intervento sulle diverse forme di disagio psicologico sarebbe di 436 milardi di euro (Il Fatto Quotidiano, 25/02/2011). Ciò suggerisce come l’occuparsi di prevenzione e cura psicologica convenga. Nel mondo, l’Oms stima che vi siano più di 300 milioni di persone colpite da depressione (cinque milioni in Italia) e che questa sarà la seconda causa di disabilità nei Paesi occidentali entro il 2030, a causa della elevata associazione con molte malattie croniche e letali (dall’infarto del miocardio al diabete). In Gran Bretagna il trattamento della depressione pesa per l’1,5 per cento del Pil. Ecco perché sono stati gli economisti a occuparsene: per una persona depressa, un anno senza sintomi costa mille euro di psicoterapia, ma fa guadagnare otto mila euro alla collettività per resa lavorativa!

 

Psicoterapia, dunque, non farmaci. Psicoterapeuti, dunque, non solo antidepressivi. Concretamente in Inghilterra si è deciso di coinvolgere 10 mila psicoterapeuti per trattare 800 mila persone, a regime, nel 2013, con uno stanziamento previsto di 800 milioni di euro.

 

Ciò rappresenterebbe anche in Italia una svolta epocale per la politica della salute, spostando l’attenzione dalla cura delle malattie conclamate alle cause psicologiche e sociali, dai farmaci alla psicoterapia. Si tratterebbe di un coraggioso intervento volto ad applicare quel modello bio‑psico‑sociale della salute, annunciato da Georg Engel già nel 1977.

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