Psicologia e vita consacrata

Impressioni di un religioso che ha partecipato al III congresso di Psicologia e Comunione: «Prospettive di ricerca e d’intervento in psicologia: identità, reciprocità e dono»
Congresso Psicologia e Comunione

Ho partecipato al III congresso di Psicologia e Comunione dal titolo «Prospettive di ricerca e d’intervento in psicologia: identità, reciprocità e dono». È stato uno spazio aperto di dialogo in cui ci si è potuti comunicare e confrontare in un clima di accoglienza reciproca.

Eravamo circa 150, provenienti da varie discipline psicologiche (dalla neuropsichiatria alla psicologia del lavoro ecc.) con diversi tipi di formazione psicologica e psicoterapeutica. Eppure, contrariamente a quanto si verifica in altri incontri simili, ciascuno s’è sentito accolto e rispettato nella sua specificità e nel suo contributo; non c’è stata «guerra» o contrapposizione di idee, ma ascolto attento ed «empatico» con voglia di incontrarsi nelle rispettive diversità.

Il dialogo è stato anche con esperti di altre scienze (sociologia, ecologia, diritto e pedagogia), il che è stato apprezzato sia per le concordanze su temi specifici, ma ancora più per una comunione tra le scienze, oggi imprescindibile, e forte segno della ricerca di unità nel campo scientifico e di conseguenza operativo.

I partecipanti svolgono diverse mansioni: professori e studenti, clinici e teorici, ricercatori e ospedalieri; con sorpresa di molti, il clima è stato fraterno: lo studente parlava col primario con familiarità e fiducia, in una comune tensione alla collaborazione.

Interessante è stata la comunicazione di un gruppo di psicologi che ha iniziato una ricerca sul «perdono»: si vede, già dalle prime analisi dei dati, come la capacità di perdonare è più sviluppata nelle persone più mature (e quindi è un indice di maturità personale) ed è positivamente correlata ad una vita più serena e felice.

Nel clima competitivo e individualistico in cui spesso è avvolta la nostra società e la nostra cultura (compreso quella «psicologica»), con i conseguenti «modelli» di vita proposti, mi sembra un dato non indifferente, seppur possa apparire scontato a chi già vive certi principi.

Molto interessanti sono anche i risultati – anch’essi iniziali – di una ricerca su come è percepito e gestito il senso del limite, vissuto da alcune tipologie di persone in una prospettiva di crescita personale in vista del dono di sé (per chi volesse saperne di più, è disponibile in CD gran parte del materiale del congresso). Da notare che entrambe le ricerche, come anche alcune esperienze terapeutiche, sono condotte in un rapporto e in un clima di unità.

Siamo partiti con l’entusiasmo di portare il clima positivo sperimentato nel congresso a tutti, nelle nostre situazioni specifiche lavorative, universitarie o altro.

Ciò forse è in linea con quanto Chiara Lubich confidava personalmente ad uno di noi, in occasione della laurea honoris causa in psicologia a Malta di approfondire la psicologia perché è una scienza che può aiutare a portare la spiritualità a tanti.

Significativi sono stati i confronti personali e, per me, anche le confessioni, oltre che l’Eucaristia celebrata: ero l’unico religioso e unico sacerdote presente al congresso. Questo tipo di contatti e di dialoghi è stato probabilmente tra i più fruttuosi quanto a conoscenza reciproca e a collaborazione futura.

Mi pare che siano emersi alcuni elementi importanti che riguardano la vita consacrata. Fin dall’inizio ero consapevole che non m’era chiesto nulla di specifico se non la celebrazione eucaristica e poi, in modo informale, alcune confessioni. Questo mi ha permesso di entrare in una dimensione di ascolto e di accoglienza a tutto campo, di stima e di interesse per ciascuno, che mi pare appartenga all’essenza della vita consacrata.

M’ha colpito come i partecipanti vedevano in me la vita religiosa: più volte mi hanno ringraziato per il semplice fatto di «esserci». Le loro parole mi fanno cogliere come la vita religiosa non consista tanto nel «fare» qualcosa (che certamente poi ci vuole), ma anzitutto in un «essere» che parla da sé ed è chiamato a dire «Dio».

Infine, in diversi colloqui, è emersa l’importanza di un aiuto psicologico alla vita religiosa (laddove si intravvedono o si evidenziano problematiche o patologie serie ecc.). Molti colleghi operano in questo campo, sperimentandone in concreto tutta la delicatezza e preziosità, ed insieme l’urgenza.

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