Proteste contro l’amnistia in Thailandia
Attraverso Facebook e Twitter sono rimbalzate nei nostri account immagini significative, segno di una realtà divenuta, minuto dopo minuto, sempre più incandescente. Non sono immagini scattate per ragioni di marketing: migliaia di giovani che, col sorriso sulle labbra (stile thai), in modo pacifico, ma eclatante, sono scesi, nei giorni scorsi, per le strade di Bangkok per protestare contro il decreto di amnistia portato avanti dal governo di Yingluck Shinawatra.
È un decreto controverso, in tutto ha circa sei punti, chiaramente a favore del deposto e fuggitivo fratello, ex primo ministro,Taksin Shinawatra, in esilio volontario dopo essere stato condannato a due anni di carcere per una compravendita di terreno da parte della moglie, quando era lui in carica. La cosa che ha sorpreso molti è che i giovani thailandesi sembravano "storditi" e refrattari ad ogni forma d’impegno, immersi con i loro tablet e smarthphone in giochi e chat ad ogni angolo dei grandi magazzini, ad ogni fermata di autobus e metro.
Molti pensavano che non si sarebbero mai impegnati. Come si dice da queste parti: «Cosa vuoi protestare: fa caldo». Invece, nonostante l’inverno si stia facendo attendere, un inverno in cui la temperatura non scenderà mai sotto i 16 gradi, rispetto agli attuali 35, ha avuto inizio una grande protesta. Sono state bloccate le strade principali della capitale, il cuore finanziario di Bangkok: Silon Road e l’incrocio di Asoke, oltre che il parco pubblico Lumpinee ed altri luoghi. Il fatto nuovo è stata "l’entrata in gioco" degli studenti: le università di Thammasat, Rangsit, Chiangmai ed altre sono scese in campo e la protesta ha assunto grande peso sociale e politico.
Non che gli studenti siano di uno schieramento politico diverso dal governo: non è questo il punto. Solo che quest’ultimo ha percorso un iter legislativo completamente irregolare per portare avanti, contro la volontà della popolazione della capitale e della parte colta del Paese, alcuni disegni di legge che sono ampiamente contestati dalla gente. Anche nelle province del Nord-Est della Thailandia, notoriamente pro-Taksi, come si dice da queste parti, si sono levate voci contro il disegno d’amnistia. Anche il monaco Luang Phu Nem Khan Chattigo, di cui abbiamo già scritto nell’articolo “Il perdono dopo lo scandalo dei monaci”, sarebbe beneficiato dall’amnistia, che interesserebbe circa 20 mila casi giudiziari.
Si è parlato di 50 mila persone riunite nei pressi del monumento della Costituzione, che hanno mandato completamente in tilt il traffico della città. L’associazione degli industriali ha fatto immediatamente sapere al governo che l’unica cosa di cui il Paese non aveva proprio bisogno era che la logistica per il trasporto delle merci subisse ritardi o si paralizzasse. La Thailandia ha bisogno di esportare i suoi prodotti senza ritardi o difficoltà verso i mercati mondiali: l’economia del Paese si basa soprattutto sull’esportazione. Il governo ha ritirato il disegno di legge e con esso altre sei mozioni a favore di un decreto d’amnistia "cieco", ma l’opposizione non è convinta. Si teme un colpo di coda tra 180 giorni, termine per ripresentare il tutto.
L’opposizione ha dato appuntamento di nuovo oggi vicino al monumento della Costituzione: si chiede il ritiro completo e la promessa di non ripresentare i disegni di legge per l’amnistia. I giovani, che sembravano assonnati, storditi da Internet e videogiochi, sono invece vivi e in grado di lottare per la libertà del proprio Paese, dimostrando d’essere davvero all’altezza di un momento così difficile. Perché di questo si parla e questo è in gioco: la libertà del Paese contro chi vorrebbe fare una legge ad personam.