Proposta minima sulle intercettazioni
Legiferare? Forse è una soluzione. Ma se si applicassero le norme già in vigore e si parlasse “sì sì no no”… una soluzione a costo zero
«Uno non è libero di dire quel che vuole al telefono»; «Alle due di notte cosa volete che si dica al telefono»; «È scandaloso che si legga sui giornali quel che si è detto in privato». Sono frasi che si sentono ripetutamente nel Transatlantico di Montecitorio, quasi come fossero delle scuse. Ma c’è qualcosa che non va, qualcosa di illogico.
Premetto che sono per la stretta applicazione della legge, cioè per la non pubblicazione degli atti delle indagini, soprattutto quelle che entrano nella riservatezza delle informazioni personali: bisogna smetterla di dare in pasto ai giornali i testi delle intercettazioni autorizzate dalla magistratura, e in questo la colpa degli avvocati, dei giudici e del personale delle cancellerie (troppo spesso senza un volto e nemmeno un indirizzo email) è evidente.
Premetto pure, tuttavia, che le intercettazioni, se usate bene e nella giusta riservatezza, sono uno strumento principe nella lotta alla criminalità. È inutile negarlo.
Detto questo, avanzo una modestissima proposta a costo zero assoluto a proposito delle intercettazioni: al telefono non dire due verità a proposito della stessa cosa. Semplice come l’acqua calda. Se uno non usa diverse verità in pubblico e in privato, al telefono o in televisione, non ha nulla da temere: i linguaggi possono anche essere diversi – al tg posso non parlare come se parlassi al telefono –, ma la verità sottostante no.
Se si ritiene giustamente di essere una persona specchiata, che si applichi questa regola semplicissima e non succederà assolutamente nulla di riprovevole con i giudici o con i giornalisti! Anche i cablogrammi confidenziali inviati dalle ambasciate Usa e resi pubblici da Wikileaks cadrebbero sotto questa semplificazione. Anche le intercettazioni di Lele Mora e Tarantini, anche le trattative del “sistema Sesto San Giovanni”.
I new media, quelli digitali, stanno nei fatti smascherando le doppie verità: il data flood, la valanga di dati digitalizzati, pare enorme e indistricabile, ma non è vero. Tutto resta tracciato, e poco alla volta i falsi vengono smascherati. E sarà sempre di più così. Finché eravamo al telefono di Meucci e Bell non c’erano soverchi problemi, perché il collegamento costava non poco, si parlava col contagocce, quando al di là del filo c’era New York, ma anche solo Parigi, si correva a perdifiato per le scale per non perdere neanche un secondo della conversazione con gli zii o con l’imprenditore d’Oltreoceano!
Oggi invece la conversazione telefonica è banalizzata, i telefonini ci mettono in contatto 9 volte su 10 per dire banalità e sciocchezze. La parola conta sempre meno, conta solo il fatto di parlare. «Il medium è il messaggio», direbbe ancor oggi McLuhan: il messaggio s’è banalizzato al massimo, e il contenuto è quasi sparito. E quindi si parla si parla e si parla senza sosta: i telefoni intercettati di Bisignani, Tarantini, Lavitola, Milanese, Penati e compagnia bella contano anche migliaia di telefonate al giorno, incredibile, e con schede di Panama, del Perù, del Burkina Faso e di Brunei!
De Gasperi probabilmente non avrebbe mai detto verità diverse in un comizio o al telefono: magari avrebbe detto una parte della verità, ma mai il falso. E si potrebbe dire la stessa cosa di tanti altre persone pubbliche che hanno fatto della verità il proprio faro. Imitiamoli.