Progetti di mondo unito
Il laccio arancio con un nodo al centro, che vedi sul polso, nella cerniera dello zaino o, per gli anticonformisti, alla caviglia, non è una tendenza modaiola di fine estate 2012 scoppiata tra gli under 30. È un simbolo e come tale porta in sé una storia e una testimonianza. La storia è recente: il primo agosto i 12 mila giovani del Movimento dei focolari riuniti a Budapest per il Genfest annodano questa striscia di cotone per siglare un patto: vivrò la regola d’oro «Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te», in ogni contesto dove mi troverò a operare, costi quel che costi.
La testimonianza e i frutti di queste scelte e delle azioni conseguenti saranno raccolti dallo United world project, il progetto che vuole mettere in rete l’impegno personale, quotidiano, spesso silenzioso talvolta eclatante, di questi e altri giovani che questo mondo vogliono cambiarlo sul serio. Senza escludere gli adulti, ovviamente, né le istituzioni. Come hanno fatto a Bantul, in Indonesia, con i 22 centri sociali, gestiti insieme ai musulmani di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti. O come sta accadendo a Pomigliano d’Arco, dove Ilaria e Salvatore, insieme alla comunità di don Peppino, hanno accolto 50 giovani fuggiti dai conflitti dell’Africa sub-sahariana.
Il cantiere aperto a Budapest inaugura i lavori su scala planetaria con una petizione a cui tutti possono aderire sul sito www.unitedworldproject.org o su banchetti pubblici. Apporre la firma però, non è un atto tranquillizzante per la coscienza o una buona azione, è un impegno.
A una settimana dal lancio del progetto – che sta suscitando notevole interesse nei media e nelle istituzioni – sono state raccolte più di duemila firme online e altrettante su carta. Le adesioni vanno dalla Cina all’Algeria, dall’Iraq agli Usa. Hanno firmato semplici studenti e il presidente internazionale del movimento buddhista Rissho Kosei-kai, Kosho Niwano, che ha sposato il progetto, seguiti anche dai rappresentanti di migliaia di fedeli indù legati all’esperienza dello Shanti Ashram. C’è stato il plauso dell’Unesco e sono partiti anche contatti con le istituzioni locali, mentre dalla Francia o dal Brasile dei giovani che sul web si sono imbattuti nell’iniziativa hanno aperto inattesi percorsi per accrescere le fila dei sostenitori.
La scadenza della prima tappa della petizione è fissata il primo maggio 2013. Dopo il patto e le firme, la terza fase del progetto prevede l’istituzione di un Osservatorio internazionale permanente, che attraverso studi, ricerche e monitoraggio delle azioni di fraternità, dia rilievo ai ponti che questo principio sta gettando nella storia contemporanea. L’ultima fase sarà quella del riconoscimento internazionale, che verrà dopo aver presentato fatti e azioni, non manifesti o programmi d’intento. Anche noi monitoreremo tutto ciò da vicino.