Profughi fra Turchia e Unione europea
In un tempo di ansia da coronavirus, la guerra in Siria faceva sempre meno notizia in Europa. Ci ha pensato il presidente turco Erdogan a rinfrescare la memoria degli europei aprendo la frontiera turca con Grecia e Bulgaria, cioè con l’Unione europea, a decine di migliaia di profughi siriani (ma anche afghani e iracheni). Secondo fonti greche, in due giorni sono stati respinti con massicci lanci di lacrimogeni e altro (alcune fonti dicono che ci sia scappato il morto) più di 4 mila profughi, ma sarebbero fra 13 e 20 mila che si accalcano nella terra di nessuno. Per Ankara sono almeno 130 mila quelli che premono per entrare in Europa, ma assicura che presto saranno milioni. Sembra che il governo turco abbia messo a disposizione dei pullman per portare i profughi alla frontiera con l’Ue.
I profughi che tentano di passare illegalmente non sono quelli di Idlib, ma una parte dei quasi 4 milioni che si trovano in Turchia, fuggiti dall’orrore della guerra che imperversa ormai da 9 anni e che è arrivata al dunque: la regione di Idlib è l’ultimo lembo di Siria in mano a milizie anti-Assad, jihadiste e filoturche, ed è sotto attacco da dicembre: governativi da terra e russi dal cielo hanno guadagnato sempre più terreno. I turchi, che fin dall’inizio hanno sostenuto i ribelli, protestano da mesi per questa avanzata che va contro gli accordi di Sochi fra Turchia da un lato e Russia e Iran dall’altro, per la spartizione della Siria. In fuga dalle bombe di questa avanzata quasi un milione di sfollati, bambini e donne soprattutto, familiari di combattenti anti-governativi e abitanti della regione, che premono per passare il confine e riparare in Turchia, aggiungendosi così agli altri profughi siriani. Ma i militari turchi non consentono loro di passare e i profughi sono così accampati all’addiaccio in condizioni disumane, i meno sfortunati sotto un olivo, gli altri se va bene hanno qualche telo per ripararsi dalla pioggia. Per il freddo c’è poco da fare.
L’ultimo “sgarro” siriano, secondo Ankara, è stato un bombardamento, giovedì 27 febbraio, in cui sono morti 34 militari turchi. Questo è il motivo, o l’occasione, che ha scatenato i cannoni turchi e fatto aprire il rubinetto dei profughi, spinti verso il confine dell’Ue.
Cosa c’entra l’Ue con i profughi siriani? In realtà c’entra parecchio, se non altro perché i profughi vorrebbero in gran parte entrare in Europa e poi perché l’Europa non è del tutto estranea, come vorrebbe far credere, rispetto alla guerra siriana. Intanto sono 4 anni che l’Ue paga non proprio ufficialmente il governo turco perché si tenga i profughi, dopo il caos della “rotta dei Balcani” del 2015-2016. Più o meno in regola con il pagamento delle rate (Erdogan dice di no), finora l’Ue sta sborsando 6 miliardi di euro annui. Adesso però la Turchia vorrebbe altri soldi ma anche e soprattutto un sostegno militare (o una connivenza?) della Nato per cacciare i governativi da Idlib (e forse non solo da Idlib). E buona parte dei Paesi europei fanno parte della Nato, e anche la Turchia ne fa parte sebbene negli anni scorsi pareva che se ne stesse allontanando.
La Nato su questo non ci sente? Bene, allora forse qualche milione di profughi la indurranno a sentirci meglio. Questo, secondo molti europei, si chiama ricatto. Per Erdogan si chiama diritto. È come il famoso detto dei Pensieri di Pascal (25, 5): Vérité au deçà des Pyrénées, erreur au delà (ciò che è verità al di qua dei Pirenei, è un errore al di là). E su questo inqualificabile intervento militare Nato troverebbe probabilmente anche consensi in alcuni governi e partiti europei, per non parlare degli Usa di Trump.
In pratica, il governo turco deve affrontare alcuni problemi connessi con la propria presenza militare in Siria (giustificando anche un non celato espansionismo neo-ottomano): impedire che 2 milioni di siriani, comprese le loro famiglie, compromessi con la ribellione al governo di Assad, si rifugino in Turchia; contrastare il consolidamento del governo-regime di Assad favorito da russi e iraniani; mantenere l’occupazione delle zone anti-curdi in tutto il Nord siriano e, non ultimo, distrarre l’opinione pubblica turca dalla difficile situazione in atto a Idlib, dove le milizie protette e sostenute da Ankara perdono terreno.
E l’Europa? Per ora difende il proprio confine-frontiera usando la forza, pur senza sparare troppo, solo un po’. Cercherà di convincere i turchi a rispettare gli accordi, magari offrendo altro denaro, augurandosi che il flusso si plachi quando i profughi capiranno che non potranno passare. Il danno e le beffe saranno così solo per qualche milione di profughi: “cornuti e mazziati”, si dice in napoletano. E l’Ue potrà mantenere il suo aureo assenteismo. Almeno per un altro po’ di tempo.