Procida candidata a capitale della cultura italiana
L’isola di Procida tra le dieci città che concorrono al titolo di capitale italiana della Cultura 2022, ha sorpreso molti, suscitato reazioni diversissime, di plauso e di sconcerto. Anche nella stessa isola c’è stato chi ha ironizzato su tale candidatura.
Procida è una delle più piccole isole italiane, solo 3,7 kmq. Tuttavia essa è come uno scrigno di storia, che racchiude in sé – crocevia di popoli a cominciare dai micenei – le vicende tristi e liete della storia italiana e non solo, emblema di cosa potrebbe diventare l’umanità se alla base dei rapporti sociali ci fosse la fraternità.
E questo perché Procida non è stata sempre isola felice, ma più volte ferita a morte dalla storia, quando ha perso la sua unità interna, quando le faide intestine o ideologiche l’hanno privata di quella forza difensiva e costruttiva che nasceva dall’unità di tutti.
Solo quando questa unità è stata ritrovata ecco che il sole ha continuato a baciare la sua terra e l’ha resa terra aperta ed ospitale, facendo così germogliare fiori nuovi sul suo terreno.
Solo questa apertura dell’isola, dovuta al suo generoso e creativo popolo di naviganti, l’ha trasformata in uno dei posti più amati da uomini e donne dell’intero pianeta a cominciare dai francesi che vi giungevano silenziosamente, per conoscere l’isola che aveva dato i natali a Graziella, la protagonista del romanzo del poeta romantico Lamartine.
L’isola di Procida, punto infinitamente piccolo del nostro pianeta, ferita dalla storia ma salvata dalla cultura della fraternità.
La sua attuale candidatura a “capitale della cultura italiana 2022” è già un deciso riconoscimento del valore paradigmatico della sua civiltà, che affonda le sue radici nella sofferenza di un piccolo popolo che non si è arreso alla violenza di chi, dall’esterno o dall’interno, ha tentato di deturparne l’immagine solo per bramosia di potere.
In più epoche infatti, il popolo procidano è stato capace di trasformare le vicende negative in pedana di lancio per andare con più coraggio verso il futuro.
Non bisogna pensare che la bellezza, la cultura, siano nella magnificenza, nell’ostentazione del grandioso, nell’accecamento di luci e mondanità, nei cumuli di patrimoni artistici. Anche la stessa religiosità nel passato è spesso caduta in tale ambiguità, dimenticando che il Cristo è nato in una grotta e aveva annunziato la lieta novella ai poveri e sognato e pregato affinché tutta l’umanità riconoscesse il valore primo della fraternità.
Lo scandalo più grande di oggi è trovare, nelle grosse città, grattacieli, lussuosi accerchiati da favelas, centri urbani che ostentano ricchezza e periferie degradate e distrutte dalle violenze, interi paesi flagellati dalla fame e l’intera grande ricchezza accumulata solo nelle mani del 10% della popolazione.
Cosa è mancato e cosa ancora manca, a livello culturale e sociale, nell’umanità di questo terzo millennio che, purtroppo, come afferma papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti, faticosamente si avvia verso il futuro?
Come tante voci autorevoli oggi affermano, è mancata la comprensione profonda di quel principio di fraternità enunciato nella Rivoluzione francese del Settecento, ma subito dopo accantonato. Di conseguenza senza la fraternità anche libertà ed uguaglianza sono state vanificate.
A nulla possono i cumuli di ricchezze artistiche e culturali se essi non diventano patrimonio delle intere popolazioni. La vera cultura, dice il filosofo italiano Giuseppe Maria Zanghì, nasce dall’esperienza umana, dai valori profondi di solidarietà e di condivisione vissuti dalle comunità, a cominciare dal due o più persone che trovano il coraggio di riconoscersi “fratelli”.
È dal piccolo che si arriva al grande e non viceversa, è dall’unione di due piccolissime cellule che ha inizio la vita di tutti noi, è dall’apparire di un filo d’erba in una zona desertificata che la vita può rinascere.
Anche la scienza ci ha fatto scoprire che nella parte più piccola di una cellula è contenuta una potenza grandissima: dall’infinitamente piccolo, quindi, all’infinitamente grande. Si comprende da ciò la motivazione che ha permesso all’isola di Procida di trovarsi fra le 10 città che concorrono il titolo di “capitale”.