Privacy e social network, dal 25 maggio si cambia
Cosa significa l’acronimo GDPR? Che cos’è?
Simone Cosimi: «Gdpr sta per General data protection regulation: si tratta del nuovo regolamento europeo su privacy e dati dei cittadini dell’Unione che diventerà operativo dal 25 maggio dopo una fase di transizione. Il regolamento n. 2016/679 fa parte del cosiddetto Pacchetto protezione dati e introduce una serie di nuove garanzie o ne rafforza di già previste: fornisce una più dettagliata classificazione delle varie tipologie di dati, introduce nelle organizzazioni la figura del Data protection officer, specifica in che modo va fornito il consenso al trattamento e i diritti di accesso, rettifica, cancellazione e portabilità oltre al cosiddetto “diritto all’oblio” »
Cosa cambia rispetto a prima?
Simone Cosimi: «Nel complesso, la posizione dei cittadino nei confronti delle organizzazioni che trattano i loro dati si fa più forte e le azioni che possono intraprendere più chiare. Questi avrà la sicurezza, per esempio, che titolare e responsabile del trattamento rispettino norme basilari della sicurezza come la pseudonimizzazione e la cifratura dei dati personali. Così come, solo per fare un altro esempio, del fatto che l’assenso al trattamento dovrà consistere in un atto positivo inequivocabile. Nel caso di autorizzazioni online la dichiarazione dev’essere “chiara, concisa e non interferire immotivatamente con il servizio per il quale il consenso è espresso”. Va dunque bene la selezione di un’apposita casella in un sito o un’app, ma non altrettanto il silenzio, l’inattività o la preselezione di caselle».
Per i minori cosa prevede il regolamento?
Simone Cosimi: Nelle ultime settimane tutte le principi piattaforme, da Facebook a Instagram passando per Google e WhatsApp, hanno aggiornato le loro condizioni d’uso richiedendo un consenso specifico di verifica relativo alla soglia del 16 anni. Il tutto con meccanismi che nulla possono rispetto all’effettivo controllo della soglia prevista dal Gdpr e che forse un decreto di recepimento potrebbe abbassare in Italia a 14 anni.
Il GDRP si tradurrà in una maggior tutela per i minori?
Alberto Rossetti: Assolutamente sì. Per quanto riguarda l’utilizzo dei social network ribadisce il divieto ai minori di 13 anni mentre lascia ai ragazzi con un’età compresa tra i 13 e i 16 anni la possibilità di navigare. In questo caso, però, i genitori devono dare un consenso. Quindi non vieta, ma coinvolge i genitori nella decisione. Dobbiamo capire che questo regolamento non entra nel merito dell’educazione e neanche dei rischi portati dalle nuove tecnologie. Non dice che il divieto è stato alzato a 16 anni perché gli adolescenti usano troppo i social network. Ci dice che la raccolta dei nostri dati deve essere fatta in maniera migliore e che i minori di 16 anni devono essere accompagnati in questa decisione dai genitori. Su questo punto dobbiamo essere precisi perché altrimenti rischiamo di fare confusione. Da una parte c’è l’educazione a questi strumenti, dall’altra il trattamento dei dati.
Cosa comporta per i genitori?
Alberto Rossetti: Lo vedremo, difficile fare previsioni. Prendiamo ad esempio a WhatsApp. Tutti gli utenti sono stati raggiunti da un messaggio in cui veniva chiesto di confermare di avere almeno 16 anni. Inutile dire che anche i minori di 16 anni hanno risposto in maniera affermativa e che i genitori di questi minori non sono stati per niente coinvolti. Al momento direi che un genitore deve tenere gli occhi aperti e vedere in che modo le grandi aziende si muoveranno alla luce del cambio di regolamento. Può essere una grande occasione per parlare di privacy ai figli, per far comprendere che la gratuità di Instagram nasconde un modello di business ben preciso e per ritardare l’ingresso sui social soprattutto dei più piccolini. Il GDPR è una grande occasione di crescita, anche da un punto di vista educativo.
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