In principio c’era il gas

Nel Mediterraneo si vanno rapidamente dipanando pericolosi giochi di potere intorno ai giacimenti di gas scoperti negli ultimi anni. L’Italia sarà messa alle strette per indurla a scelte di parte (o marginalizzata) in questa vicenda in cui si vanno schierando molti potenti.

In principio c’era il gas, quello dei giacimenti scoperti nel Mediterraneo orientale, a pochi km dalle coste di Egitto e Israele, qualche anno fa (2015), e da quelle di Cipro più di recente (2018). In Medio Oriente si sa purtroppo molto bene che la scoperta di risorse energetiche non accende solo speranze ma anche poderosi appetiti. La geopolitica mediterranea sta cambiando e l’Italia non potrà tirarsi fuori dai pericolosi giochi di potere che si vanno rapidamente dipanando, soprattutto senza avere idee chiare e condivise, e operare scelte conseguenti.

Nel caso di Cipro e Grecia, scoperchiando il vaso di Pandora del gas sono saltati fuori tutti i mali possibili fra greci e turchi, che negli ultimi anni erano stati ricoperti da un sottile e impalpabile velo.

Fuor di metafora, la situazione è sempre più bollente. Dopo l’episodio della nave italiana Saipem 12000 bloccata nel 2018 da navi da guerra turche in una zona concessa da Cipro all’Eni, e le recenti esibizioni muscolari in mare tra navi turche e greche, una querelle molto intricata si sta intrecciando sulle Zee (zone economiche esclusive): a chi spetta questo e a chi spetta quello. La repubblica di Cipro (la Cipro che fa parte dell’Ue) rivendica una Zee che la repubblica turca di Cipro (Cipro Nord, riconosciuta solo dalla Turchia) e la Turchia stessa non le riconoscono, almeno in parte. Cipro e la Grecia si appellano ai trattati internazionali (Unclos) che definiscono le Zee, mentre la Turchia (con una sua interpretazione) li accusa di non rispettarli, a parte il dettaglio che la Turchia quei trattati internazionali non li ha mai sottoscritti.

Dietro a tutto c’è anche, e non in secondo piano, l’annunciato progetto EastMed, che ai turchi proprio non va giù, cioè un gasdotto che colleghi i giacimenti israeliani, egiziani e ciprioti direttamente con la Grecia e l’Italia (e quindi con l’Europa) senza passare per la Turchia. Da qui l’alleanza stipulata a novembre 2019 tra Ankara e Tripoli per aiuti militari e congiunzione delle rispettive Zee al fine di tagliare in due il Mediterraneo e impedire la realizzazione del gasdotto EastMed, con relativi recenti sviluppi del conflitto libico come effetto collaterale. La contromossa greco-egiziana è stata un accordo di congiunzione delle rispettive Zee per impedire la realizzazione della precedente congiunzione delle Zee turca e libica. Sembra un gioco di dispetti reciproci ma le tensioni che generano sono molto pericolose. Soprattutto quelle fra Grecia e Turchia, che tra parentesi sono entrambe membri dell’Alleanza Atlantica (Nato), con sfide e minacce di ricorso alle armi. E da un punto di vista militare la Turchia è meglio non stuzzicarla.

Secondo Matteo Colombo, ricercatore al Mena-Centre dell’Ispi: «La Turchia è sempre stata il convitato di pietra nei negoziati internazionali sul Mediterraneo orientale e ha saputo sfruttare a suo vantaggio la mancanza di una posizione unitaria a livello europeo. Oggi però, la sua retorica aggressiva sembra rivolta soprattutto alla propaganda interna, mentre l’obiettivo reale di Ankara è quello di avere voce in capitolo nelle dinamiche di prezzo, estrazione e vendita del gas».

L’Italia ha importanti e molteplici connessioni con il gas mediterraneo, intanto perché l’Eni ha avuto un ruolo di primo piano nelle ricerche e nello sfruttamento dei giacimenti fin dalla prima ora, oltre che per motivi di prossimità geografica e di coinvolgimento geopolitico. L’Italia è inoltre il punto d’arrivo designato dei gasdotti meridionali (Tap, Itgi e EastMed) e sarà per questo il punto di partenza per la distribuzione del gas mediterraneo in Europa. Occorre pertanto chiedersi: con chi sta o non sta l’Italia in questa disputa che sta diventando il centro di un contenzioso che vede coinvolti tanti, troppi, pesci grossi? Ci sono di mezzo infatti Turchia, Qatar, Russia, Francia, Germania, Emirati, Egitto, Israele, e non mancano certo gli sguardi interessati di Usa e Cina, per non citare che i Paesi in prima fila. L’Italia sarà messa alle strette in questa vicenda in cui si vanno delineando schieramenti sempre più contrapposti. Ma potrebbe anche essere esclusa dal giro di quelli che contano. Meglio o peggio?

Per intanto la marina militare italiana ha partecipato all’operazione Eunomia (25-27 agosto), un’esercitazione navale congiunta di Grecia, Cipro, Francia e Italia nel mare greco, che aveva lo scopo evidente di mostrare i muscoli dell’Ue a sostegno della Grecia. Ma non sono pochi gli operatori economici e i politici italiani che sostengono la convenienza per l’Italia di schierarsi con la Turchia, nonostante la sua sempre maggiore distanza dall’Europa e le posizioni sempre più dure del Governo di Ankara su temi fondamentali per gli europei, come i diritti umani e la libertà di stampa.

 

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