Il Principe e la virtù
Lo studio All’ombra del Principe. La politica dalle origini a Machiavelli. Attualità e prospettive (ed. Rubbettino) è dedicato dal suo autore, Attilio Danese, non solo agli specialisti della politica, ma soprattutto ai giovani e a quanti avvertono «la necessità di mantenere quello “strabismo” senza il quale la politica annega nel populismo nichilista o si condanna all’impotenza della retorica delle buone intenzioni». Lo “strabismo” di cui parla Danese si riferisce a un detto di Simone Weil, secondo cui «per fare una buona politica bisognerebbe riconciliare Socrate con Machiavelli», ovvero armonizzare i principi dell’etica con l’azione politica.
Il testo traccia una storia della filosofia politica a partire da antico Egitto, Cina e Israele, soffermandosi sulla Grecia classica – Socrate, Platone, Aristotele, i lirici, i tragici e gli storici, fino ad Aristofane –, per passare poi alla prassi politica della Roma repubblicana, fino all’impero di Augusto. Differenziandosi dalle usuali storie di filosofia politica, lo studio include il rinnovamento che la Chiesa dei primi secoli e il pensiero cristiano, da sant’Agostino a san Tommaso, hanno immesso nella riflessione sul valore della politica e sul suo fine primario. Dopo un confronto tra Machiavelli e gli utopisti del tempo – Moro, Erasmo, Bruno e Campanella –, che indicavano come finalità etico-sociale dell’azione politica il conseguimento del “bene comune” e del “bene della persona”, l’autore estende tale finalità anche agli autori del Rinascimento e allo stesso Machiavelli. Ed è qui che lo studio manifesta la sua originalità.
Danese pone una questione di grande attualità: «Perché oggi c’è uno stile urlato della politica, uno stile di propaganda continua, promesse roboanti e poco mantenute?». La risposta non può essere comprensibile, a suo avviso, senza il ricorso proprio al pensiero di Machiavelli, al quale si fa risalire il pragmatismo politico oggi dominante. Per Danese questi non è la figura entrata nella comune opinione come principale responsabile della separazione di etica e politica. Egli è piuttosto l’ultimo profeta del fondamento etico della politica.
Niccolò di Bernardo dei Machiavelli nasce a Firenze il 3 maggio 1469, e assiste con dolore, nel 1494, all’entrata in Italia, con armi e cavalli, di Carlo VIII re di Francia, che segna la fine dell’indipendenza dei Comuni e degli Stati italiani. I Medici vengono cacciati da Firenze che proclama la Repubblica, di cui Machiavelli diverrà segretario nel 1498. Quando nel 1512 i Medici tornano a Firenze, egli viene arrestato e condannato “alla corda”, poi esiliato in una sua piccola proprietà di San Casciano Val di Pesa, vicino Firenze. A questo periodo risale la celebre lettera del 10 dicembre 1513 a Francesco Vettori, ambasciatore a Roma presso Leone X, a cui narra della sua “conversazione” con i grandi del passato, annunciandogli che, ispirato dal loro esempio e insegnamento, ha composto l’opera De Principatibus, centrata sul tema della “virtù” che il Principe deve possedere e infondere nelle sue azioni e nel popolo.
Ciò significa scagionare una volta per tutte Machiavelli dall’accusa di “machiavellismo”, ovvero di azione ispirata da puro utilitarismo amorale. Per Machiavelli è lecito a colui che detiene l’autorità politica, perseguire il bene dello Stato e dei cittadini, anche qualora dovesse agire con forza nei confronti di organismi che traviano dal loro dovere. La celebre frase «il fine giustifica i mezzi», non c’è in tutta l’opera di Machiavelli. Emerge invece nella sua opera il modello della Res Publica come esempio di “virtù” non solo individuale, ma socio-politica, “virtù” come azione del Principe a favore del bene comune.
Infine Danese non evita il confronto con Agostino, il quale apprezzava le virtù civili che Machiavelli avrebbe poi elogiato nella Res Publica. Scriveva infatti Agostino che i grandi personaggi romani «erano desiderosi di lode e non attaccati al guadagno, volevano una grande gloria e una dignitosa ricchezza» (De Civ. Dei, V, 12,1) e persino che a motivo delle loro «qualità morali meritarono dal vero Dio, pur non adorato da loro, l’espansione del loro impero» (De Civ. Dei, V, 12). Ispirandosi a Machiavelli e Agostino, dunque, Danese pone al centro del suo interesse di studioso la “virtù” come qualità dell’uomo politico e come anima di ogni autentico personalismo sociale e dialogico.
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Attilio Danese già docente di Filosofia politica presso le Università di Chieti e di Teramo all’Itam (Laterano, Chieti) e all’Auxilium di Roma; fondatore nel 1985, con la consorte sociologa Giulia Paola Di Nicola, del Centro di Ricerche Personaliste e della rivista culturale Prospettiva Persona.