Primo: preservare l’ambiente naturale
Intervista all’ingegner Sergio Rondinara, coordinatore per il Movimento dei focolari di un gruppo di esperti in questioni ambientali. Collabora con l’Amu per la campagna acqua. Quarantamila miliardi di metri cubi di acqua all’anno. Come li usiamo? “Oggigiorno l’uso delle risorse idriche su scala planetaria è distribuito in agricoltura per il 69 per cento, nell’industria per il 23 per cento e ad uso domestico o municipale per l’8 per cento. “Come si vede da queste semplici cifre l’irrigazione delle colture agricole ha un ruolo primario nel consumo d’acqua. Paesi come Cina, India, Indonesia e Pakistan affidano alle terre irrigate più della metà della loro produzione alimentare. “L’irrigazione, oggi più che in passato, sostiene dal punto di vista alimentare molte società. Infatti la diffusione dell’irrigazione ha rappresentato l’elemento chiave per la produzione alimentare del Novecento. Oggi circa il 40 per cento della produzione mondiale di cibo deriva dai terreni irrigati che costituiscono il 17 per cento del suolo coltivabile”. Quali sono i principali problemi che si incontrano per l’utilizzo dell’acqua in agricoltura? “Un quinto delle terre irrigate è danneggiato dal sale, il silenzioso flagello che da sempre ha tormentato le civiltà agricole che hanno fatto grande uso dell’irrigazione. Il massiccio uso dell’irrigazione comporta inoltre che un numero sempre maggiore di fiumi sia in secca per buona parte dell’anno. Questo pone l’agricoltura in una posizione di competizione serrata con i crescenti fabbisogni idrici dell’industria e degli insediamenti civici. “Inoltre appare evidente la necessità di nuovi approcci alla pratica dell’irrigazione in agricoltura, in quanto si manifesta ovunque il fenomeno del deficit idrico delle falde sotterranee. Su molti territori di ogni continente, infatti, si sta pompando acqua dal sottosuolo con una velocità maggiore di quanto la natura non riesca a riempire le falde sfruttate, con conseguenti forti abbassamenti dei livelli idrici. Il fenomeno è largamente diffuso nella Cina centrosettentrionale, nell’India nordoccidentale e meridionale, in Pakistan, in buona parte degli Stati Uniti nel Medio Oriente e nella penisola Arabica. È ormai un fenomeno di dimensioni globali”. E in Italia, possiamo stare tranquilli o il problema acqua ci riguarda? “Nel 1861, appena compiuto il processo d’unità politica del paese, l’Italia aveva 21 milioni di abitanti con un consumo pro-capite di circa 40 litri giornalieri. Oggi gli abitanti sono saliti a 57 milioni e il consumo pro-capite è cresciuto circa di 20 volte. A questa maggiore richiesta per gli usi agricoli, industriali e domestici, a cui hanno fatto fronte le nostre riserve idriche, va associato l’impressionante aumento dei rifiuti smaltiti in ambienti acquatici”. Che legame c’è fra questi aspetti? “Ogni volta che parliamo di acqua dobbiamo sempre tener presente che un dato reticolo idrografico naturale funziona come un reticolo circolatorio e allo stesso tempo come apparato escretore che raccoglie i residui naturali e i rifiuti delle attività umane e li filtra recuperandoli qualitativamente. “Le cose si complicano quando il lago, il fiume o le falde interessate non riescono più a recuperare una qualità accettabile dell’acqua. Allora si cercano acque pulite sempre più lontano o più in profondità estendendo così il reticolo idrico artificiale e causando la riduzione delle riserve disponibili. È quello che è accaduto e sta accadendo in molte aree del nostro paese”. Cosa bisognerebbe fare secondo lei? “Ci si trova molto spesso dinanzi a situazioni in cui al bisogno di controllare la risorsa acqua non ha corrisposto la capacità di creare una reale cultura di “governo” degli ambienti acquatici. Tanti enti si sono occupati di come sfruttare le risorse idriche, ma nessuno si è mai preoccupato del funzionamento degli ambienti acquatici. “Si sono investiti migliaia di miliardi di lire nel potenziamento del reticolo artificiale delle acque, ma sul reticolo naturale prosegue lo sfruttamento delle acque, la cementificazione dei fiumi e l’inquinamento diffuso. Abbiamo dimenticato che l’ambiente acquatico, in condizioni di naturalità, costituisce il depuratore più efficiente e meno costoso a nostra disposizione. “Ritengo perciò che ogni piano di risanamento delle acque – a livello locale o nazionale – debba mirare innanzitutto a proteggere e potenziare la naturalità degli ambienti acquatici, affinché essi siano messi nelle condizioni di esprimere al massimo le loro gratuite capacità autodepurative”. Acqua: Bene comune dell’imanità Azione per un mondo unito (Amu), la ong dei Focolari, collabora attivamente alla campagna promossa dal Cipsi, che raggruppa una ventina di ong attive nella cooperazione internazionale. La campagna si basa sul Manifesto dell’acqua, caratterizzato da quattro idee-chiave: – l’acqua è bene comune dell’umanità – l’accesso all’acqua, potabile in particolare, è un diritto umano e sociale imprescrittibile – la collettività deve farsi carico dei costi per garantire l’accesso effettivo di tutti all’acqua – la gestione della proprietà e dei servizi è una questione che riguarda i cittadini, non solo i distributori e i consumatori. L’obiettivo è di far approvare i princìpi e le proposte della campagna nelle risoluzioni finali della Conferenza internazionale sull’ambiente (Rio+10) che si terrà a Johannesburg a settembre 2002. Parallelamente si sviluppano delle iniziative informative sul territorio e formative nelle scuole. L’Amu le ha realizzate finora in Sardegna e sui Castelli Romani: non solo confronto e dibattito su alcuni temi, acqua e Africa, acqua e sviluppo, acqua per la pace, ma anche visite guidate alla scoperta dei luoghi dell’acqua, in stretta connessione fra dimensione mondiale e locale. Per maggiori informazioni: www.contrattoacqua.it