Primo giro di boa per il governo Renzi

Il Senato accorda la fiducia, con 169 voti favorevoli e 139 contrari. Discorso programmatico controcorrente (nei modi e nella organicità della enunciazione dei contenuti) del presidente incaricato, con obiettivi choc da perseguire in tempi brevi. Toni differenziati nelle valutazioni fra i gruppi all’opposizione
Matteo Renzi

I numeri al Senato. Poco prima dell’una di notte l’esito del voto a Palazzo Madama. La fiducia al governo Renzi passa con 169 voti (inferiore ai 173 ottenuti dal governo Letta l’11 dicembre dopo la fuoriuscita di Forza Italia dalla maggioranza). Potenzialmente, le previsioni ne contavano almeno 176. Erano assenti (giustificati?) 11 senatori, ma non è possibile ipotizzare come avrebbero votato ove presenti. La maggioranza, sulla composizione dell’Assemblea (320 membri), è di 161. Renzi, al momento, ne conta 8 di più.

Il discorso del premier. Irrituale nello stile comunicativo per quel "sacro" luogo istituzionale rappresentato da Palazzo Madama (toni, atteggiamento, parole, gesti). Pronunciato "a braccio" (al singolare, anche in senso letterale, per la mano sinistra spesso infilata nella tasca dei pantaloni), senza riferimenti dotti o autorevoli (con tutto il rispetto per Gigliola Cinquetti, cui è attribuita l’unica citazione). Ha fatto arricciare il naso ai cultori dei discorsi aulici, come si conviene nelle occasioni solenni, come quelle che riguardano la richiesta della fiducia al Parlamento da parte di un nuovo governo. Renzi, nella sua replica, si difende: «Questo governo non avrà mai un doppio registro. Saremo gli stessi, trasparenti, non chiedeteci di essere diversi qui e fuori». In poche parole, non aspettatevi dal Renzi presidente del Consiglio che non rimanga il Renzi che conoscete: da sindaco di Firenze a sindaco d’Italia. E in questa veste ha parlato direttamente con i cittadini piuttosto che con i loro rappresentanti in Senato. Detto sottovoce: non è che siano davvero questi gli aspetti sostanziali su cui valutare il suo discorso. Quanto, piuttosto, le enunciazioni programmatiche.

Contenuti. Per il premier, in prima posizione della lista, c'è la scuola (con la promessa di consistenti investimenti per adeguamenti strutturali da porre in atto nei mesi estivi). Seguono tre impegni immediati per il suo esecutivo: lo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti, la costituzione di un fondo di garanzia per le piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito e la riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale, «che dia risultati già in questi primi mesi del 2014», mantenendo ferma la barra per la riduzione del debito pubblico. Perché – ha affermato – «non è la signora Merkel o il governatore Draghi a chiedere di rimettere a posto i conti pubblici, ma piuttosto il rispetto per i  nostri figli». Ancora, nei primi cinque mesi di governo, il premier ha annunciato una riforma complessiva del sistema della giustizia, a partire da quella civile, senza tralasciare quella penale.

Le posizioni dei partiti all’opposizione. Dure le dichiarazioni di voto di Sel: Renzi ha rivendicato la caratura di governo politico del suo esecutivo (che è di coalizione con il centrodestra). In che modo pensa di presentarsi alle prossime elezioni come leader di una compagine di centrosinistra?

Anche la Lega va giù pesante, chiedendo dove e come Renzi ritenga di trovare le coperture per il perseguimento degli obiettivi annunciati. In particolare facendo riferimento all’intervento della Cassa depositi e prestiti per il pagamento immediato dei debiti della Pa: quelle risorse – ha detto il capogruppo leghista – sono i risparmi degli italiani (attraverso i buoni fruttiferi postali) e un loro utilizzo avrebbe ripercussioni negative sul debito pubblico.

La contestazione più virulenta è venuta dal M5S, con cui Renzi aveva ingaggiato un braccio di ferro verbale nel corso del suo intervento («aiutiamoli, non è facile stare in un partito dove il capo dice che non è democratico. Ma gli vogliamo bene lo stesso»). Il capogruppo grillino ha citato una lunga serie di pronunciamenti di Renzi negli ultimi mesi che sono stati poi clamorosamente smentiti dai suoi comportamenti conseguenti («è un bugiardo»), ed ha anche sollevato l’ipotesi di un conflitto d’interesse riguardante un paio di ministri (Guidi e Poletti) nei cui confronti ha preannunciato la presentazione di mozioni di sfiducia.

Decisamente più soft (nei toni e nei contenuti) l’intervento del capogruppo di Fi, Romani, che pur dichiarando, coerentemente, il voto di sfiducia, ha lasciato trasparire una qualche apertura di credito nei confronti di Renzi. Forse un segno di riconoscenza nei confronti del premier che ha ridato a Berlusconi quella dignità di interlocutore politico che il Pd non gli aveva mai concesso prima.

Oggi il passaggio alla Camera. Solo una formalità, considerato che, grazie al premio di maggioranza by Porcellum, sul totale dei 630 seggi, il Partito democratico ne conta 293. Basterà solo il voto aggiuntivo dei deputati di Scelta Civica per assicurare una solida maggioranza.

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