Primi sguardi sulla NID di Gorizia
È quantomai variegato il campionario di spettacoli che ha offerto i primi due giorni la ricca vetrina della NID, la New Italian Dance Platform, aperta giovedì, e ancora in corso fino a domenica, a Gorizia. Presenti circa 400 tra operatori italiani e stranieri, direttori di teatri, coreografi e danzatori, e critici del mondo della danza, una grande comunità che si ritrova ogni due anni per saggiare alcuni spettacoli selezionati da una giuria internazionale col l’obiettivo di promuovere e far circuitare, anche all’estero, le creazioni di coreografi e compagnie italiane.
Il mosaico presentato, e che anima la danza contemporanea, si compone, come è giusto che sia, di linguaggi, di stili, di poetiche e di formazioni diverse. Si va, solo per citare alcuni, dagli assoli di Marco D’Agostin o di Daniele Ninarello, ai duetti di autori come Davide Valrosso o Francesco Colaleo, alle nutrite compagnie di Collettivo Cinetico, Arearea, Aldes, Aterballetto, Kinkaleri/Le Supplici. Impossibile parlare di tutti gli spettacoli visti nei primi due giorni. Ne prendiamo in considerazione solo qualcuno. L’ensemble Le Supplici di Fabrizio Favale, ha presentato “Hekla”, titolo che si rifà ad un vulcano islandese. È un’immersione in un luogo arcaico e spaziale insieme, dove, ai margini della scena in penombra, si muovono lentamente, in tute bianche, ricercatori di vulcanologia spostando strumentazioni ed elementi materici, mentre il gruppo di danzatori, entrando e uscendo continuamente, innescano, come elementi vivi di una reazione scientifica, una danza complessa, fluida e articolata, di puro movimento, che evoca paesaggi geografici e mitici. E dell’anima.
Un connubio perfetto, originale nella concezione e nell’esecuzione, è “Kudoku” di Daniele Ninarello con il musicista Dan Kinzelman, dove il danzatore, complice un quadrato semioscuro di luce, fa vibrare il suo corpo scosso dal suono elettronico prodotto da rumori meccanici e dal sassofono dal vivo, trasfigurandosi nelle posture e nei gesti come se fosse attraversato da pensieri interni. Sciabolate velocissime di braccia cedono poi a una gestualità pacata e ampia, e infine ad un roteare da derviscio.
Più narrativo e didascalico è lo spettacolo “Le quattro stagioni” di Roberto Cocconi e Marta Bevilacqua, con la celebre partitura di Vivaldi ma rielaborata da Max Richter. Naturalmente la musica, facendo da catalizzatore, condiziona i movimenti che la accompagnano, col risultato di tendere quasi del tutto all’illustrazione. Un gruppo solo femminile all’inizio gioca col vento generato da due enormi ventilatori, poi sostituito dal gruppo solo maschile con dinamiche più teatrali, e infine tutti riuniti in sequenze d’insieme. Giocosa e compatta, con brevi sketch e utilizzo di oggetti, la costruzione drammaturgica e coreografica ricalca certe dinamiche del linguaggio di Pina Bausch – vedi le lunghe chiome volteggianti delle donne, le loro svestizioni, un tipo di gestualità descrittiva, il secchio d’acqua, e altri dettagli ancora – facendoci tornare ad un teatro-danza indietro nel tempo.
“We_pop” di Valrosso in coppia col danzatore Maurizio Giunti, è una simbiosi di corpi tra sincronia e continua mutazione. Il rapporto dialogico è dettato da impulsi gestuali che dilatano i movimenti generando un clima di intesa e conflitto dentro un universo onirico, poi ricondotto al mitologico nel finale completamente altro che vede un solo performer rientrare in scena indossando una maschera rossa e squadrata di testa d’animale. Quasi una metamorfosi di due esseri sintetizzati in uno.
Fashion e aerobico è risultato l’acclamato “Sylphidarium” di Francesca Pennini col suo Collettivo Cinetico, che si rifà al mitico balletto romantico “La Silfide”, un’autopsia del balletto classico riletto da entomologa con la sua originale contaminazione e ibridazione visiva. Il programma della NID prosegue con altri spettacoli, tra cui il debutto della nuova doppia creazione per Aterballetto a firma di Cristiana Morganti e di Hofesh Shechter, dal titolo “Non sapevano dove lasciarmi” e “Wolf”.