Primi segnali di politica dal governo tecnico

I primi gesti del nuovo presidente del Consiglio tracciano chiaramente le linee del nuovo periodo che si apre
monti

Ci sarà tempo per riflettere sulle ombre del nuovo governo, già denunciate qua e là. Ora però guardiamo per un attimo alle sue luci: ci aiuterà ad avere lo spirito giusto per accompagnare il periodo nuovo iniziato con Mario Monti.

 

Una luce senz’altro va vista nel profilo istituzionale del nuovo presidente. A parte lo stile anglosassone (ma ci piacerebbe dire “italico”) dell’uomo, che non guasta, sono da considerare alcuni suoi gesti che paiono rivelatori di tutto un programma. Ad esempio, tra il primo ed il secondo giorno di consultazioni, dal Quirinale si è presentato ai giornalisti (e quindi al Paese) per fare il punto. Una breve dichiarazione, che è servita però per portare alla luce i nodi che si trovava a fronteggiare: “Governo a termine? Sostegno politico risicato? No, grazie”. A pensarci bene, rivoluzionario.

 

Un Presidente incaricato che anziché trattare nel chiuso di una stanza con i leader politici, dichiara apertis verbis quali sono i termini irrinunciabili per la sua accettazione. In pratica, si è rivolto al Paese parlando dalla più alta sede istituzionale, stringendo con l’opinione pubblica un’alleanza che gli ha dato la forza di tornare al tavolo delle trattative senza dover cedere l’incedibile.

 

E proprio in quella sede ha pronunciato altre parole altamente significative: «Il mio impegno è rivolto a permettere che la politica, la politica, possa trasformare questo momento difficile in una vera opportunità per il Paese, con la condivisione di un progetto di rilancio e di speranza non solo per quanto riguarda l’economia ma anche per quanto riguarda i valori fondanti di una vera comunità civile». Così come altre impeccabili parole ha rivolto al presidente Berlusconi nel momento del saluto.

 

Ma a ben guardare, anche nella struttura del governo (nel quale, come sappiamo, sono rimasti assenti i politici tra i ministri) un orizzonte politico ben chiaro è presente. Il segnale? Il ministro senza portafoglio delegato alla “Coesione territoriale”: una figura capace da sola di dare un’impronta politica a tutta l’azione di governo, all’insegna dell’unità del Paese. Che non vuol dire, naturalmente, rinuncia al federalismo, quanto piuttosto una frontiera federalista – si spera – solidale ed unitiva.

 

Ora la vera prova politica è quella del Parlamento. Ma qui tocca ai parlamentari essere all’altezza del loro compito.

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