Primi risultati in Nigeria e Senegal
In Nigeria si è votato sabato per scegliere un nuovo presidente, ma anche deputati e senatori. Il presidente uscente, Muhammadu Buhari, 76 anni, del Progressive Congress (Apc), si è confrontato con l’ex vicepresidente Atiku Abubakar, 72 (Pdp). E, come ormai è diventato normale nel continente nero, i risultati non sono di accettazione unanime: sia il partito del capo di stato uscente Buhari, sia quello dell’avversario Abubakar rivendicano la vittoria. Inoltre, il principale partito di opposizione nigeriano ha accusato il partito al governo di “manipolare” i risultati delle elezioni.
Lunedì, la Commissione elettorale (Inec) ha dato a Muhammadu Buhari un leggero vantaggio in un conteggio ancora parziale. Inec ha annunciato i risultati di 12 Stati su 36 nel Paese, oltre alla capitale federale Abuja. Il presidente dell’Inec, Mahmood Yakubu, che dovrebbe annunciare i risultati finali nei prossimi giorni, ha dichiarato che «solo l’Inec può pubblicare cifre, ottenere risultati e proclamare un vincitore». Un modo per calmare entrambi i contendenti.
Cosa è successo? Si lamentano intimidazioni, ritardi molto “lunghi” nell’apertura dei seggi elettorali, così come la mancanza di materiale elettorale, confusione nelle urne con schede non stampate (gli elettori nigeriani mettono il loro timbro sul partito di loro scelta) Situation Room, un gruppo della società civile nigeriana che ha dispiegato nei seggi oltre 8 mila osservatori, ha concluso che «l’elezione è un passo indietro rispetto alle elezioni generali del 2015». Inoltre, Mahmood Yakubu si è lamentato di numerosi incidenti, tra cui la morte di un ufficiale, ucciso a colpi d’arma da fuoco, e il rapimento di diversi altri militari, rilasciati ore dopo, a Rivers State, nel sud-est.
È proprio in questo Stato che è stato registrato il più alto numero di persone uccise nella violenza elettorale. Tra ottobre e il giorno delle elezioni, la violenza elettorale aveva già ucciso 233 persone, secondo la società di sorveglianza Sbm Intelligence. Le elezioni politiche di sabato, già rinviate all’ultimo minuto, sono state interrotte da «gravi fallimenti operativi» e da «significativi problemi logistici», osservano osservatori sia dall’Unione europea che dalla società civile nigeriana.
È quasi la stessa storia che si ripete in Senegal, dove la Commissione elettorale del Senegal aveva chiesto ai candidati presidenziali e ai loro sostenitori di astenersi da fare dichiarazioni premature sui risultati elettorali. Il campo del presidente uscente, Macky Sall, ha invece rivendicato la vittoria sin dal primo turno. Quest’affermazione, tuttavia, è stata respinta dai due candidati dell’opposizione, che hanno affermato che un secondo turno si svolgerà senza dubbio. Il primo ministro senegalese, Mahammed Boun Abdallah Dionne, membro della maggioranza presidenziale, ha detto ai giornalisti che i risultati raccolti dal suo campo danno al vincitore Sall il 57% dei voti e una vittoria in 13 delle 14 regioni del Senegal.
Il voto, nonostante tutto, si è svolto senza gravi incidenti, secondo le varie missioni di osservazione elettorale. Nonostante tutto, l’Africa occidentale, a differenza dei suoi vicini nel centro, ha una tradizione democratica più matura. Dagli anni ’90, si sono conosciute all’uscita dalle urne stata delle alternanze più o meno pacifiche in diversi Paesi. Proprio il Senegal e la Nigeria sono tra i Paesi citati come esempio di maturità democratica all’africana.