Prime luci da Venezia

L’avvio finora non è confortante, purtroppo. Venezia guarda il mondo con un occhio crudele
Festival cinema Venezia

Lo sguardo sembra essere a tutto tondo. Problemi di coppia, in primo luogo. Izmena, cioè tradimenti, storia di incomprensioni e turbe psichiche del russo Kirill Sebrennikov che nel thriller, strizzando l’occhio alle problematiche occidentali, pare perdere il gusto per l’essenziale e la profondità tipicamente russe per omaggiare certo cinema cervellotico dell’Europa dell’ovest. Claustrofobico, alienante, si perde in ossessioni, senza via di scampo.

Su un piano meno ambizioso si situa il nostro Gli equilibristi di Ivano De Matteo su un coppia (Barbora Bobulova e Valerio Mastandrea) che, a causa del tradimento di lui, scoppia e, dato che lei non perdona, lui si ritrova dalla mediocrità alla mendicità. Specchio di tante situazioni reali di “separati” il film – che purtroppo ha una sceneggiatura un po’ sfilacciata e ovvietà romanocentriche che si sarebbero potute evitare –, ha il merito di aver voluto indagare la crudezza della vita di un uomo, ma soprattutto dei figli, di fronte alla disunità familiare. Finisce con un poco di speranza, chissà, forse. Oggi i registi tendono a non dare riposte, e questo dice molto sulla mancanza di sicurezze del nostro tempo.

Secondo percorso, quello dell’interno di famiglia, questa volta negli Usa agricoli, con il film diretto da Ramin Bahrami At any price ( a qualunque costo). Pur di salvare la proprietà e il figlio Zac Efron, il contadino Dennis Quaid dimentica onestà e verità perché il clan familiare e i soldi vengono prima. L’analisi non è nuova, purtroppo il film è piatto ed anche Zac Efron, in cerca di riscatto e in pose alla Marlon Brando, non convince più di tanto. Piacerà a chi cerca storie lineari.

Una sorpresa invece un film non in concorso, ma dinamico, glaciale e senza una goccia di caduta di stile, è The Ironman, l’uomo di ghiaccio, di Ariel Vromen, la vicenda vera di un padre tanto amoroso in famiglia quanto spietato killer all’esterno. Schizofrenia in casa, dunque, fatto possibile e chissà quanto reale. Bravissimi gli attori, splendido il ritmo funereo e lugubre come è l’omicidio.

Terzo round, ovvero il fenomeno oggi così diffuso della celebrità, o meglio della ricerca del successo mediatico. Della serie: come i media costruiscono, esaltano e distruggono un uomo qualunque. Accade in Superstar, film francese di Xavier Giannoli, così amaro da commuovere per le disavventure dell’uomo banale e remissivo,vittima mediatica. Un film da recuperare, anche se il finale buonista non convince.

L’ultima pista, finora, è quella religiosa. Liliana Cavani dirige un breve documentario Clarisse e dialoga a scena aperta e libera su temi cocenti: il ruolo della donna nella chiesa, l’eredità francescana, la resurrezione. Le risposte delle monache sono pulite e spontanee, ma è soprattutto la forte personalità della regista ad emergere in quella che appare, ed è, una sua ricerca religiosa tutt’altro che pacifica.

Ben altra cosa dal corrosivo, cattivissimo film Paradis: Glaube (Paradiso, fede) dell’austriaco Ulrich Seidl. Volutamente provocatorio racconta della fede morbosa di Anna Maria nella “cattolica” Austria, moglie di un musulmano paralizzato, che sopporta ma non ama, tutta presa dalle sue pratiche religiose catechizzanti e fondamentalistiche. Il film è un atto d’accusa contro la gente di fede, definita come gente disturbata e incapace di amare, e in particolare contro la fede cattolica. Inutili scene morbose e provocatorie non esaltano un’opera pesante e sconclusionata, su un argomento come il fanatismo che avrebbe meritato ben diversa analisi, qui priva di buon senso ed equilibrio. Ma che pure riesce a far riflettere, chi ce la fa a resistere alla sua monotonia. Come se la caverà il regista con Radio Maria qui presentata in termini decisamente negativi? Polemiche fioriranno e certi anticlericalismi vecchio stile esulteranno. Certo l’aria che gira – anche in sala – sulla chiesa non è delle migliori…

Infine, un sano riposo nel bel film di Spike Lee su Michael Jackson, ricostruzione intima e molto equilibrata del personaggio carismatico. Un documentario da non perdere.

Ora si continua, tra la gente – non troppa –, le star – non troppe – e gli eventi, meno rutilanti del solito. Il che non guasta.

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