Primarie e politica nazionale, le sfide aperte
Scongiurato il flop delle primarie del centrosinistra a Bologna e Roma, si può dire che una vera contesa si è registrata nella città felsinea, da sempre il baricentro della sinistra italiana legata alla storia del partito comunista che proprio qui, nel rione della Bolognina, decise nel 1989 di cambiare nome e profilo dopo il crollo del blocco sovietico. Perse le insegne della falce e martello, è rimasta la struttura legata a soggetti molto forti come la Lega delle cooperative, un soggetto ormai transnazionale, da cui proviene Matteo Lepore, vincitore delle primarie (60% dei voti) su Isabella Conti, sindaco della vicina San Lazzaro di Savena (32 mila abitanti), dove è stata eletta con l’80% dei voti grazie anche alla capacità di resistere a forti pressioni di cementificazione del territorio. La Conti ha comunque raggiuto il 40% dei voti come espressione di una realtà più ampia di Italia Viva, il partito fondato da Renzi per scissione dal Pd.
Si dice che Bologna può rappresentare il laboratorio del centro sinistra perché esprime un’area che tiene assieme la struttura del Pd con il movimento assai locale delle Sardine, che coincide in parte con la lista Coraggiosa di Elly Schlein. Ma da qui a ottobre il cammino è lungo e molto dipenderà da quello che decideranno coloro che hanno votato la Conti, senza considerare il peso di quei ceti sociali che riuscirono ad eleggere Giorgio Guazzaloca come sindaco di centro destra dal 1999 al 2004. Non si comprende al momento, poi, il peso specifico e la reale intenzione di misurarsi proprio a Bologna di una formazione politica di centro (“Insieme”) che ad inizio luglio terrà il primo congresso nazionale sotto la guida di Stefano Zamagni.
La bella città delle due torri può essere considerata un laboratorio politico nazionale anche per le sue dimensioni contenute, non raggiunge, infatti, i 400 mila abitanti. Cioè neanche 2 municipi di Roma che esprime, invece, una complessità difficile da classificare.
Il segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, ha manifestato grande soddisfazione per i 45 mila votanti alle primarie del centrosinistra che, in una domenica afosa, hanno incoronato come vincitore designato, tra i 7 candidati, Roberto Gualtieri. L’ex ministro dell’Economia ha battuto il territorio a partire da Centocelle per finire a Tor Bella Monaca, sapendo di non ricevere l’accoglienza di bagni di folla. La metropoli è davvero grande, estesa come la provincia di Milano, divisa in tante città con problemi che si trascinano da anni: dai rifiuti al trasporto locale, dalla pressione cementificatoria ai troppi senza casa.
Senza dimenticare una presenza pervasiva delle mafie con i nuovi “re di Roma” che pretendono di “prendersi la città”. Alla vigilia delle primarie è stato sventato un attentato esplosivo contro Marco Doria, presidente del Tavolo per la riqualificazione dei Parchi e delle Ville Storiche. Qualche giorno prima è stata minacciata da clan locali Tiziana Ronzio, la presidente dell’associazione TorPiùBella impegnata nella riqualificazione del quartiere di Tor Bella Monaca.
La vittoria travolgente dei 5 Stelle nel 2016 non ha portato ad un radicamento del movimento fondato da Gian Roberto Casaleggio e Beppe Grillo, apparso baldanzoso nel salire le scale del Campidoglio, sotto la stele della lupa capitolina, dopo l’elezione di Virginia Raggi. Divisioni e rancori personali hanno attraversato il partito come accade alle altre formazioni politiche. Di sicuro la componente più autenticamente anti sistema, rappresentata da Alessandro Di Battista, è quella che ha vinto la battaglia interna per non stringere alleanze con il centro sinistra, in contrasto con l’indirizzo di Giuseppe Conte, ex presidente del consiglio e capo in pectore del nuovo M5S che uscirà dall’assemblea di rifondazione prevista per luglio.
La vera contesa, quindi, sarà quella di ottobre visto che non si prevede l’elezione del sindaco al primo turno. Difficile capire, al momento, il comportamento di coloro che verranno esclusi dal ballottaggio contro il centrodestra dato in vantaggio. Gualtieri sosterrebbe la Raggi e vicersa? È considerato della partita anche Carlo Calenda, fondatore di un partito che, pur molto presente sui media, deve ancora misurarsi con vere elezioni, o meglio quando lo ha fatto, come alle regionali pugliesi sostenendo il candidato di Italia Viva di Renzi, ha raccolto l’1,6% dei voti. Certo a Roma è un’altra cosa e potrebbe incidere nel ballottagio con Enrico Michetti, candidato “civico”, professore di diritto degli Enti Locali all’università di Cassino, indicato dalla destra di Fratelli d’Italia.
Nella manifestazione in piazza Bocca della Verità, Matteo Salvini lo ha indicato come sicuro vincitore della sfida capitolina, in tandem con la magistrata Simonetta Matone, civica vicino alla Lega.
Entrambe gli esponenti “civici” del centrodestra hanno una certa esposizione mediatica, tra radio e televisione, rafforzata dal ruolo che sarà riconosciuto a Vittorio Sgarbi, l’irruento critico d’arte molto presente nelle reti berlusconiane, mentre un ruolo importante lo eserciterà in questa elezione anche Giulia Buongiorno, volto noto dei salotti televisivi, palermitana trapiantata a Roma, avvocata di Giulio Andreotti, parlamentare prima di Alleanza Nazionale e ora della Lega.
Su Roma sembra decidersi, quindi, la contesa interna tra Lega e Fratelli d’Italia nel prendere l’eredità di Berlusconi, il federatore di un centro destra che riesce a restare unito nonostante la presenza nella maggioranza (Salvini e Forza Italia) e nella opposizione (il partito della Meloni) al governo Draghi.
Di fatto l’esecutivo di unità nazionale riceve una cordiale e convinta da parte della componente di centrodestra che vuole interpretare il ruolo di continuatore dell’indirizzo politico espresso e garantito da Draghi.
Il ministro leghista Giancarlo Giorgetti è l’unico non tecnico che fa parte della cabina di regia del governo per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La presenza tra gli esperti della presidenza del consiglio di Francesco Giavazzi, era Draghi, al posto di Mariana Mazzucato, era Conte, esprimono due linee diverse e antitetiche di politica economica. Così anche la nomina di due economisti vicini all’istituto Bruno Leoni, think tank liberal liberista, nel gruppo di controllo per gli investimenti del Pnrr ha destato la critica esplicita del vicesegretario del Pd Giuseppe Provenzano, ex ministro per il Sud, subito censurato da Enrico Letta.
La primazia nel centrodestra comporta la possibilità di conquistare nelle prossime elezioni nazionali, grazie alla riduzione dei parlamentari e al permanere della attuale legge elettorale, una maggioranza assoluta in grado di produrre profondi cambiamenti strutturali.
È sulla idea di città e di convivenza, in particolare nella metropoli romana, che si potrà verificare la riconoscibilità di diverse e alternative linee politiche.
Si prenda, ad esempio, la posizione nei confronti del problema dello sfruttamento dei lavoratori della logistica rappresentato dal corteo che si è svolto a Roma lo stesso sabato 19 giugno in memoria di Adil Belakhdim, sindacalista siCobas ucciso a Novara davanti ad un magazzino della Lidl. I grandi poli intermodali della Capitale sono luogo di forti conflitti, mentre anche il mondo del servizio pubblico è segnato dalla prassi precarizzante del sub appalto.
Si tratta di far emergere e rendere pubblica la soluzione proposta per rispondere alle piaghe sociali che devono essere al centro dell’azione politica. In questo senso potrebbe anche emergere una forza di sinistra diversa da quella confluita nel centrosinistra di Gualtieri ma che è considerata marginale e frammenta nei sondaggi pur esprimendo un candidato a sindaco come il noto urbanista Paolo Berdini.
In questa fase la destra sembra federare posizioni opposte: ad esempio lo scherno verso la proposta di tassare lievemente l’eredità dei più ricchi assieme allo spazio dato da Salvini, nel comizio del 19 giugno, ai lavoratori Ikea in sciopero contro la multinazionale svedese del mobile componibile.
«A Roma il centrodestra punta sull’orgoglio, su una città che torni capitale, su sicurezza e decoro, velocità e mezzi pubblici, rifiuti che diventano energia…. noi ci occupiamo di vita vera reale, io comincio e finisco dalle periferie» ha detto Matteo Salvini nel suo intervento romano rilanciando l’esortazione usata, a suo tempo, anche dall’ex sindaco dem Ignazio Marino: “Daje!”. Basta evocare la vicenda del noto chirurgo, rimosso nel 2015 dal Campidoglio con un’operazione non trasparente, interna al suo partito, oppure quella del suo predecessore Gianni Alemanno, il sindaco di destra al centro di diverse inchieste giudiziarie, per capire l’estrema difficoltà di governare Roma e, quindi, anche l’Italia.