Prigione 77, vita nel carcere

Esce "Prigione 77" del regista spagnolo Alberto Rodríguez. Una lotta per la libertà e per le giustizia dietro alle sbarre. Di grande attualità
Prigione 77
Scena dal film "Prigione 77" (Foto: dal Pressbook del film, Ufficio Stampa Follow Us)

Non c’è giustizia nel carcere dove nel 1977 il giovane Manuel viene condannato a 20 anni per aver rubato pochissimi soldi. Nessun processo vicino, l’avvocato lo inganna, in prigione fin dalla venuta botte, digiuno, oscurità. Eppure, il regime di Franco è caduto, si invocano parole come amnistia e democrazia. Ma la parola democrazia i poliziotti infiltrati nel carcere, le guardie la ridono in faccia a Manuel e al suo compagno Pino, un intellettuale in prigione per le sue idee insieme a ladri, furfanti, e a gente scappata dalle terre povere dell’Estremadura. Il carcere: altro che luogo di redenzione, è luogo invece di spie, traffici oscuri, depravazione in un lavoro claustrofobico, Prigione 77, che si regge sulla interpretazione di due bravissimi attori, il giovane Miguel Herràn e il maturo Javier Gutièrrez oltre ad una scenografa rapida e a luci grigie.

Riusciranno a fuggire i due amici ed altri? Ogni tentativo di un minimo di libertà, fosse anche un messaggio di una ragazza, viene sventato e punito con le botte, la tortura è all’ordine del giorno, alcuni carcerati che organizzano un movimento per ottenere l’amnistia che il nuovo Governo ha promesso, spariscono. Si fa entrare la stampa per una parvenza di democrazia, ma tutto ritorna come prima, anzi peggio.

Democrazia è illusione ed anche sconfitta, dentro al carcere. Non resta che provare ad evadere. In anni dove molti sono riusciti a fuggire dalle prigioni e dove in effetti l’amnistia non fu mai concessa, il film si presenta come il ritratto vivido e drammatico di una “giustizia ingiusta” che punisce senza rispettare, della violenza nel sistema carcerario e poliziesco come fatto normale, qualunque sia il tipo di governo.

Per questo motivo il film, da cronaca della riuscita evasione di 45 detenuti in un soggetto già ampiamente sfruttato dal cinema, diventa di fatto una voce che condanna in modo universale ogni ipocrita parola di libertà e mette in evidenza sia la durezza del cuore umano verso le vittime e sia l’irrefrenabile lotta di queste per la propria dignità. Anche se non c’è pietà per i vinti essi cercano la libertà. La fuga riesce. E i due amici, dove andranno, resteranno in Spagna o emigreranno?

Cambiano i regimi, la violenza ritorna sempre ma anche la voglia di resisterle e di denunciarla, come questo film doloroso e forte, commovente, che si è meritato 14 candidature ai Goya, gli Oscar spagnoli. Da non perdere.

 

Per rilassarsi…

Mark Vahradian, da sinistra, Humza Arshad, Anthony Ramos, Dominique Fishback, Tobe Nwigwe e Lorenzo di Bonaventura alla premiere del film “Transformers: Il risveglio” a Londra, mercoledì 7 giugno, 2023. (Foto di Vianney Le Caer/Invision/AP)

Piccoli e grandi si possono tranquillamente godere le due ore di Transformer – Il risveglio, solito filmone dove gli eroi metallizzati si risvegliano per cercare di salvare sé stessi e tornare nel loro Pianeta che il cattivissimo principe del male vuole ingoiare, Terra compresa. E sono gli umani – un ex militare esperto di elettronica, Anthony Ramos e l’archeologa Dominique Fishback – che uniti ai robot-macchine metallizzate riusciranno a sconfiggere, per ora, il malefico Scourge. Per ora, perché un’ottava puntata è da contare.

Divertente, prevedibile e scontato, ma con la consueta morale de “l’unione fa la forza”, anche tra robot e umani e del fatto che pure i piccoli umani sottostimati possono diventare eroi, il film viaggia tra effetti speciali roboanti che è un piacere, mescolando Indiana Jones a Spiderman e a cento altri “Attacchi alla terra”. Basta non pensarci troppo e lasciarsi andare allo spettacolo. Tanto, fa tutto lui nella regia fulminea di Steven Caple.

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