Prezzo del gas fra guerra, sovranità energetica e transizione ecologica
Questa intervista di approfondimento sulla questione energetica nasce da un incontro di dialogo verso le elezioni politiche 2022, con focalizzazione sui temi ambientali, organizzato da un gruppo di cittadini della provincia di Padova e di Bassano del Grappa dove è intervenuto Giuseppe Arcuri, ingegnere energetico che lavora negli investimenti sulle energie rinnovabili e fa parte della rete EcoOne, «iniziativa culturale internazionale promossa da una rete di docenti, accademici, ricercatori e professionisti che operano nelle scienze ambientali». Le opinioni di Arcuri sono personali e non impegnano ovviamente la rete Ecoone.
Innanzi tutto che impatto ha il consumo di energia per l’ambiente?
L’energia che produciamo può avere diversi impatti sull’ambiente. Il principale è dato dall’emissione di gas serra, la cui sovrabbondanza porta ai cambiamenti climatici. Sia chiaro, i cambiamenti climatici sono il principale dei diversi problemi ambientali attualmente presenti. I vari problemi ambientali, infatti, non sempre sono così interconnessi fra di loro. Ad esempio, la raccolta differenziata non impatta sui cambiamenti climatici, il risparmio idrico non influisce sulla biodiversità, ecc.
Come devono cambiare la produzione e il consumo di energia per contrastare i cambiamenti climatici?
Lo si può fare attuando la transizione energetica, che consiste nel portare a 0 le emissioni di gas serra entro il 2050. La transizione energetica è però molto difficile, in quanto chi produce energia non è lo Stato, ma sono aziende che operano in un mercato, anzi in più mercati: il mercato della benzina, il mercato del gas, il mercato dell’energia elettrica. In questi mercati, liberi e regolamentati, è l’incontro fra la domanda e l’offerta che crea il prezzo dell’energia.
Già il prezzo dell’energia di cui tanto si sta discutendo. Come funziona?
Noi consumatori, attraverso i nostri fornitori di energia elettrica, Enel, Edison e così via, andiamo sul mercato e generiamo una domanda di energia. A sua volta i produttori determinano la quantità che sono in grado di produrre. Questo incrocio fra domanda e offerta genera il prezzo dell’energia.
E come mai ora è così alto?
Avere un prezzo dell’energia come quello degli ultimi anni è tutt’altro che scontato. Per tantissimi anni il prezzo dell’energia elettrica (per semplicità prendiamo in considerazione il mercato dell’energia elettrica) è stato effettivamente intorno fra i 50 e 70 euro a megawattora. Poi però durante le restrizioni del 2020 i consumi familiari e delle aziende sono diminuiti. Così la domanda è calata e i produttori di energia elettrica si sono trovati con una produzione in eccesso. Questo ha comportato una diminuzione del prezzo dell’energia elettrica durante il periodo Covid, passando dai 50/70 a mediamente 20, in alcuni momenti anche a zero! Tuttavia, verso la fine del 2021 è successo esattamente l’opposto: tutte le attività sono riprese alla grande, chiunque di noi ha cominciato a consumare di più aumentando la domanda. Però i produttori nel frattempo si era abituati a produrre meno, e per loro è molto difficile adeguare l’offerta. Quindi il prezzo a novembre 2021 si è alzato (ancor prima della guerra in Ucraina), dai 20 a cui era sceso a 200 euro a megawattora. Può sembrare strano, ma è il mercato che funziona così!
Cosa può comportare un prezzo così alto dell’energia?
Il prezzo alto può essere visto da più prospettive. Dal lato dei consumatori, se guardi la bolletta e ti rendi conto che è troppo alta cominci a valutare l’idea di investire in un impianto fotovoltaico. Ma anche per chi produce energia, il prezzo elevato induce a creare nuovi impianti fotovoltaici, nuovi impianti eolici. Quindi un prezzo alto dell’energia in realtà ha aspetti positivi: fa consumare meno e innesca quegli investimenti che possono portare a loro volta ad una transizione energetica e, nel lungo termine, anche un abbassamento a sua volta dei prezzi.
Ma ci sono famiglie e imprese che non riescono a sostenere queste spese…
Infatti in questo periodo il problema non è il semplice aumento del prezzo dell’energia, ma l’aumento troppo repentino, dovuto sia all’inflazione post-covid che agli ultimi scenari geopolitici…
Ti riferisci alla guerra in Ucraina?
Esatto, in quanto proprio a causa delle ripercussioni della guerra fra Russia e Ucraina, il prezzo dell’energia elettrica è aumentato ulteriormente, passando da 200 a circa 500. Questo prezzo così alto è anzitutto un segnale d’allarme dei mercati dovuto al rischio di non avere abbastanza gas per l’inverno dopo lo stop alle forniture di gas da parte della Russia.
Lo Stato e le istituzioni europee come intervengono nei mercati energetici?
Lo stato può direzionare il mercato (ovvero produttori e consumatori) attraverso agevolazioni autorizzative e/o economiche (incentivi). Ad esempio, si può agevolare il risparmio energetico dei consumatori, o impianti a fonti rinnovabili. Diverse agevolazioni sono in corso e sono state fatte in merito alla transizione energetica. La più importante, e anche quella più costosa, sono gli incentivi dati fra il 2009 e il 2012 per la produzione di impianti fotovoltaici ed eolici, e la quasi la totalità degli impianti a fonti rinnovabili che abbiamo è dovuta a quegli incentivi.
Come hanno funzionato questi incentivi per le fonti rinnovabili?
Numericamente parlando abbiamo detto che il prezzo nel 2009 oscillava fra i 50 e i 70 euro a megawattora. Ai produttori di impianti fotovoltaici venivano garantiti 200-300 euro a megawattora in più, così da rendere conveniente l’investimento. Questi incentivi hanno poi portato ad un abbassamento dei prezzi del fotovoltaico, ma non tale da rendere conveniente investire nel fotovoltaico senza incentivi. Infatti, quando si è deciso di interrompere di colpo tutti gli incentivi, di impianti non se ne sono più costruiti. E questo è stato un problema perché non siamo riusciti a costruire un tessuto industriale sulle fonti rinnovabili.
Tornando al dibatto in corso, cosa ne pensi del tetto al prezzo del gas?
Quando si parla di imporre un tetto al prezzo del gas si possono intendere due cose. La prima è cercare di imporre ai venditori di gas un prezzo massimo; questa strada è molto difficile perché chi produce gas potrebbe benissimo rifiutarsi di venderlo, mentre noi non possiamo rifiutarci di comprarlo. La seconda, che in questo momento stanno adottando in Spagna e Portogallo, è aiutare i consumatori nella spesa, attraverso incentivi che hanno bisogno però o di coperture finanziarie o di scostamenti di bilancio.
Ci avviciniamo all’appuntamento elettorale, quali sono argomenti di cui si dovrebbe discutere?
Parliamo ad esempio dall’estrazione di gas italiano. La legge 6 agosto 2008 vieta le estrazioni di gas nell’Adriatico settentrionale (area ricca di gas), senza reali motivi ambientali o sociali. Voi sareste d’accordo sul riaprire i giacimenti di gas in Italia? Attualmente in Italia noi estraiamo circa il 3,5% di quello del nostro fabbisogno, ma potremmo arrivare fino al 15%.
Si discute anche di nucleare?
Certo, perché effettivamente è una fonte di energia che, pur avendo rischi ambientali, quanto meno non emette gas serra, e quindi non contribuisce ai cambiamenti climatici.
Al di là dei consumi diretti di gas, l’energia elettrica può essere prodotta solo da fonti rinnovabili?
Ad oggi le attuali tecnologie non permettono a bassi costi di produrre energia elettrica solo con fonti rinnovabili, perché le fonti rinnovabili non sono programmabili: il sole la notte non c’è, come il vento soffia quando vuole. Quindi fino all’immissione sul mercato di più economiche tecnologie di accumulo, abbiamo bisogno di una fonte programmabile, come può essere il gas, il carbone, il nucleare.
Cosa dobbiamo chiedere quindi alla politica?
In Italia fu deciso che avremmo basato la produzione di energia elettrica non sul carbone, non sul nucleare, ma quasi del tutto sul gas, prendendone il 40% alla Russia e poi dal 2009 anche in parte sulle altre fonti rinnovabili. Questa strategia, giusta o sbagliata che sia stata, ha funzionato fino agli ultimi anni, in cui sono emerse due importanti sfide urgenti: la prima la transizione energetica, la seconda gli equilibri di dipendenza energetica, ovvero quanto e come essere dipendenti dall’estero per l’energia. Ciò che dobbiamo chiedere ai partiti è: verso quale tipo di produzione/consumo di energia volete direzionare il mercato, e in che modo volete farlo? Per cercare una risposta prestiamo attenzione ai programmi presentati dalle forze politiche come base di un dialogo da approfondire.