Prevenzione del dissesto, sarà la volta buona?

L'agenzia ItaliaSicura è impegnata a coordinare le Regioni, non senza difficoltà. Il Paese più fragile d'Europa lotta contro lungaggini e carichi burocratici troppo elevati per far partire i lavori. Anche se alcune aree iniziano a ragionare sul valore dei servizi ecosistemici-ambientali
dissesto

Chissà se questa sarà veramente "la volta buona". Perché in Italia, tutte le volte che si parla di piano per la prevenzione del dissesto idrogeologico, si iniziano a comporre progetti, a fare grandi studi, a montare mappe strategiche e anche ad arrabbiarsi, tra partiti politici che si accusano per cose non fatte e tra amministratori locali che i progetti cantierabili li avrebbero, ma non ricevono i soldi per partite. E così, emergenza dopo emergenza, alluvione dopo alluvione, tra frane più o meno gravi, il dissesto rimane tra le più delicate emergenze nazionali. Che ha già lasciato troppi morti, distruzione, compromesso territori e generato scontri politici.

 

Il tema è nell'agenda di tutti i Governi degli ultimi vent'anni. L'ultimo, quello targato Matteo Renzi, al suo insediamento ha creato l'agenzia ItaliaSicura, sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Obiettivo, definire un piano nazionale, andando anche oltre tempi rallentati, superando il patto di stabilità che blocca i lavori dei Comuni e anche qualche "resistenza alla spesa" delle Regioni. «Non avevamo un elenco unico nazionale di opere da realizzare per la prevenzione – aveva detto a giugno a Torino Erasmo D'Angelis, ex direttore dell'Agenzia – ora abbiamo schedato tutti gli interventi, con costi priorità, cantierabilità. E dobbiamo partire». Il tempo non è una variabile indipendente. Agire velocemente vuol dire fare migliore prevenzione. Nei giorni scorsi, il Governo ha presentato la prima tranche del Piano da 1300 milioni di euro che interessa alcuni dei punti più critici del Paese, in primis le città metropolitane come Genova, Milano, Firenze ed altre ancora, ma anche città non metropolitane a rischio elevato come Olbia, Padova, Parma, Pescara. «In tutta Italia e con riferimento ai vecchi stanziamenti del periodo 2000-2010 – precisano dall'Agenzia – nel periodo di attività di #italiasicura, istituita nel maggio 2014, sono stati avviati 642 cantieri per 1075 milioni anche grazie al modello di azione messo in campo dalla struttura di missione del governo, fatto di semplificazione della governance e delle procedure, di controllo costante del territorio e di collaborazione con tutte le strutture e amministrazioni regionali competenti, con il Presidente di Regione Commissario di Governo».

 

Dai nodi idraulici delle città principali, i prossimi interventi dovranno concentrarsi sui versanti alpini e appenninici, sulle aree a monte, dove i fenomeni di abbandono del territorio, lo spopolamento, la non gestione del bosco, la complessità del territorio rurale e forestale, comporta emergenze che devono essere oggetto di prevenzione. In Piemonte, la struttura di protezione civile è tra le più avanzate d'Italia e sono costanti gli interventi fuori regione. Nelle ultime settimane sono proseguite le esercitazioni coinvolgendo la popolazione in diverse aree. «Abbiamo vissuto le alluvioni del 1994 e del 2000 – sottolinea  l'assessore regionale Alberto Valmaggia – abbiamo imparato che la prevenzione è necessaria, con opere pubbliche e anche con azioni di sensibilizzazione della comunità». La Regione Piemonte è peraltro l'unica in Italia ad avere una legge in cui è previsto che una parte della tariffa idrica pagata dai cittadini venga destinata a interventi per la prevenzione del dissesto nelle aree montane. Anche Umbria, Marche e Toscana vorrebbero andare in questa direzione. Ciascuno è dunque attore della tutela del territorio: quattro euro l'anno a famiglia destinati agli enti locali che con le strutture regionali individuano piani di manutenzione ordinaria e straordinaria: si rifanno argini di torrenti e fiumi, scogliere, muri in pietra e in cemento di contenimento, canali di scolo. I cittadini hanno fatto così la loro parte, senza aumenti della tariffa, ma destinando alla manutenzione una parte di quella cifra della bolletta. In altri Paesi europei, in particolare del nord, si chiama "Pagamento dei servizi ecosistemici-ambientali": ciascuno è impegnato direttamente a preservare ambiente, boschi, versanti, clima. Un buon modello – nel Paese ancora tutto da declinare – che proprio unendo ciclo idrico e manutenzione del territorio potrebbe entrare anche nel Collegato ambientale alla legge di stabilità, in discussione al Senato. E diventare un punto avanzato nelle politiche verdi dell'Italia, da portare con orgoglio della Cop21 di Parigi.

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