Prevenire con l’educazione gli incidenti stradali

Fine anno. Tempo di bilanci perché la strada continua a uccidere. Dopo anni di calo in Italia e in tutta l’Unione europea aumentano il numero di morti per incidenti stradali
I vigili del fuoco nel luogo dove è avvenuto lo scontro frontale tra due auto che ha causato una vittima in strada val della Torre a Caselette, Torino,22 Aprile 2014 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

Eurostat dice che sono 26.100 le vittime, nel 2015, in Europa. Una guerra silenziosa, non dichiarata, e spesso non contrastata con politiche efficaci. L’Italia è al terzo posto con 3428 morti, 9 al giorno, dietro Francia e Germania. Quello che colpisce è che le vittime siano in maniera prevalente giovani tra i 15 e i 24 anni e che, mentre dal 1997 i dati erano in costante calo, sono ora dal 2015 in poi in aumento costante in 18 Paesi su 28 (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Spagna, Ungheria). E le statistiche ingannano perché calcolano i deceduti entro il 30° giorno dopo l’incidente e non tengono conto delle persone che non ce l’hanno fatta dopo quella data, dell’impatto sociale dei disabili, delle persone in coma, e con handicap permanenti che comportano dei costi sociali, relazionali, occupazionali altissimi. Ciò che preoccupa è che si fa poco niente per prevenire. Le cause maggiori sono l’alta velocità, guidare in stato di ebbrezza o sotto effetti di droghe, l’uso del telefonino in macchina che diventa un autentico attentato pubblico come un proiettile vagante sulle strisce d’asfalto. In Italia, inoltre il 75% deli incidenti e il 44% dei morti accadono nei centri urbani.

«Non vogliamo né vittime, né imputati ‒ dice Pina Cassaniti, presidente dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada ‒. L’omicidio stradale non è sufficiente. Vogliamo prevenzione e educazione. Il cambiamento deve essere culturale, etico e organizzativo».

 

Il punto di svolta potrebbe essere il coinvolgimento degli enti territoriali nella prevenzione con appositi tavoli per la sicurezza stradale con la formulazione di piani precisi. «Ci vogliono degli obiettivi da raggiungere ‒ spiega Pina Cassaniti ‒ e se un Comune non è in grado di rispettarli scattano delle sanzioni».

 

Ma il vero cambiamento parte dalla scuola. Esiste una direttiva interministeriale del 5 agosto del 1994 in cui è previsto «lo svolgimento come attività obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado di programmi di educazione stradale, concernenti la conoscenza dei princìpi della sicurezza stradale, nonché delle strade, della relativa segnaletica, delle norme generali per la condotta dei veicoli e delle regole di comportamento degli utenti». Direttiva quasi del tutto disattesa.

 

In fin dei conti si tratta “solo” di diventare dei cittadini consapevoli prima che abili guidatori, con l’adozione di comportamenti corretti.

 

«In fondo il vero cambiamento comincia dentro di noi ‒ conclude Pina Cassaniti ‒ perché bisogna dare significato alla vita, alla scala dei valori, capire le nostre responsabilità di fronte a noi e agli altri».

Nel 1953 Natalia Ginzburg nel suo libro I rapporti umani scriveva «I rapporti umani si devono riscoprire e riinventare ogni giorno. Ci dobbiamo sempre ricordare che ogni specie d’incontro col prossimo, è un’azione umana e dunque è sempre male o bene, verità o menzogna, carità o peccato». Anche sulla strada.

 

 

 

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