Prete da galera
Silvio Valota - San Paolo
Don Luigi Melesi, cappellano di San Vittore, uno dei carceri più grandi e problematici d’Italia, ha deciso volontariamente di dedicare la propria vita ai reclusi. Il libro parla di lui, della sua vita, delle sue scelte, ma soprattutto attraverso di lui ci fa accedere alle storie sofferte e misteriose dei molti altri uomini incontrati dietro le sbarre.
Nelle pagine del libro si susseguono storie del carcere che sono anche «storia di un’Italia spesso disconosciuta, dai ladri ai brigatisti, dai suicidi di Mani pulite alle storie di Vallanzasca, dalle armi lasciate presso l’Arcivescovado di Milano al sacrificio di chi va in galera al posto di un amico».
Storie vere che parlano «della vita e della morte, del dolore e delle speranze dei detenuti e di chi sta loro attorno. Esattamente come potrebbero narrare di persone qualsiasi quali siamo noi, che viviamo fuori dalle porte con i catenacci e ci pensiamo liberi». Sì perché è questa la profonda provocazione del libro: costringerci a riflettere sul destino degli uomini, su come la fatalità, talvolta l’ideologia, molto più spesso la povertà e il bisogno, la passione possano spingere l’uomo all’errore.
Ma “la galera”, luogo dove le persone sono il crimine che hanno commesso, senza possibilità di riscatto e affrancamento, non può essere la risposta di una democrazia civile. In quella desolazione, in quell’assenza di ascolto e di futuro, i gesti, le lacrime condivise, le parole di Don Luigi risuonano come un monito e un segno di speranza.