Presidenza italiana dell’Ue, si parte
Per il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso : «Il suo è stato un discorso pieno di passione». E l’euroscettico Nigel Farage (Ukip): «Gli do 7, ha molta passione, ma non credo che collaboreremo, non c’è stata sostanza nel suo discorso, specie sui temi economici».
Si può sintetizzare in questi due giudizi a caldo la valutazione dell’intervento di Matteo Renzi a Strasburgo in occasione dell’apertura del semestre di presidenza italiana dell’Ue.
D’accordo sulla passione, meno sulla concretezza dei contenuti. Contrariamente a quanto annunciato (ovvero che avrebbe letto il suo discorso), Renzi consegna il testo ufficiale a Schulz e parla a braccio, come di consueto. E lo sa fare. Non per nulla ieri mattina Piersilvio Berlusconi aveva affermato che Renzi è il più abile nell’arte comunicativa, dopo suo padre.
Nel saluto iniziale agli euro-parlamentari, augura buon lavoro e affida loro il compito di riportare fiducia e speranza nelle istituzioni europee.
L’esordio del suo intervento, per sottolineare il passaggio di testimone dalla Grecia all’Italia, é ricco di riferimenti classici (Anchise ed Enea, Pericle e Cicerone, l’agora ed il foro, il tempio e la chiesa, il Partenone e il Colosseo).
Poi, com’è d’uso fra le giovani generazioni, scatta un “selfie” all’Europa di oggi, ricavandone il volto della stanchezza e della noia. Prosegue con una dichiarazione di orgoglio nazionale: «L’Italia non viene qui a chiedere all’Europa i cambiamenti che noi non siamo in grado di fare. Veniamo col coraggio di un grande Paese che nelle istituzioni europee arriva per dare, non per chiedere.Prima di tutto chiediamo a noi stessi l’impegno di fare le riforme».
Afferma quindi di non chiedere di cambiare le regole. Ma ricorda che il patto sottoscritto dai Paesi membri si chiama «di stabilità e di crescita». E che senza crescita l’Europa non ha futuro. La crescita serve all’Europa intera, non solo all’Italia.
Annuncia poi un obiettivo da perseguire nel semestre a guida italiana: affrontare, il tema della semplicità delle istituzioni europee. «C’è una smart Europe – dice – da costruire tutti insieme, con chi ha idee politiche diverse. Per questo un’Europa senza Regno Unito sarebbe meno Europa, non sarebbe se stessa».
Poi è la volta del tema delle migrazioni. L’Europa è una frontiera. Il problema non è solo l’immigrazione, bisogna rovesciare l’approccio: ci vuole un protagonismo dell’Europa in Africa. «Se di fronte a casi come quelli di Asia Bibi o dei rapimenti di ragazze da parte di Boko Haram – dice Renzi – l’Europa non si indigna, se non c’è la nostra reazione, l’Europa non risponde alla sua chiamata, al suo destino».
Poi uno sguardo alla politica estera, soffermandosi in particolare sulle vicende in Ucraina e in Israele: «Dobbiamo essere portatori di libertà in Ucraina, ma non si costruisce l’Europa senza collaborazione col nostro maggior vicino (la Russia). Israele non ha solo il diritto ma il dovere di esistere: è la nostra memoria.
La conclusione del discorso, come il suo esordio, è con riferimenti classici. Stavolta è di scena Telemaco, il figlio di Ulisse, investito da Atena della responsabilità di custodire l’eredità del padre Ulisse. Renzi battezza “generazione Telemaco” il nuovo Europarlamento: «Dobbiamo riscoprirci Telemaco, rinnovando giorno dopo giorno le conquiste dei nostri padri. Il nostro destino è di riscoprirci eredi, e di meritare il diritto di essere eredi. Lo dobbiamo ai nostri figli e a coloro che sono morti nei secoli per fare in modo che l'Europa non fosse solo un'espressione geografica, ma un'espressione dell'anima».
Dopo Renzi (18 minuti) parla Barroso (19 minuti), e tocca anche temi che inspiegabilmente il primo ha trascurato: il dramma della disoccupazione (25 milioni in Europa) soprattutto giovanile, individuata quale priorità principale; il sostegno alle piccole e medie imprese; la ricerca; l’efficienza energetica e la lotta al cambiamento climatico; il sostegno al mercato unico nella più grande area di scambio interno al mondo.
Sono seguiti gli interventi degli europarlamentari. Il più severo è quello del capogruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber (Cdu), contro la “flessibilità” di cui ha parlato Renzi nel suo intervento: «I debiti non creano futuro, lo distruggono», sottolineando che «l’Italia ha il 130 percento di debito» e chiedendo «dove prende i soldi?» E poi aggiunge: «Non deve esserci alcuna differenza tra grandi e piccoli nella Ue», altrimenti «come spieghiamo a Irlanda, Portogallo, Grecia, Cipro e Spagna che con i paesi del G7 siamo più flessibili?».
Nella replica, Renzi risponde a tono a Weber, dicendo di non accettare lezioni da nessuno e ricordando come, «durante l'ultima presidenza italiana, alla Germania non solo fu concessa flessibilità ma anche di violare i limiti, cosa che le ha consentito di crescere».
La sessione, come da tradizione, si sarebbe dovuta concludere con un incontro con la stampa. Ma il dibattito si era prolungato più del previsto e l’incontro con i giornalisti è stato annullato, dovendo Renzi rientrare in Italia per un impegno irrinunciabile. Pensate: un'edizione straordinaria in prima serata di "Porta a Porta" con Bruno Vespa richiamato all’uopo dalle ferie.