Nuovo presidente, vecchie abitudini
I paraguayani hanno eletto il loro 49° presidente della Repubblica. È Mario Abdo, 46enne, esponente dell’Associazione Nazionale Repubblicana – Partito Colorado. Questo il risultato delle urne, alle quali si è recato il 61,4% degli aventi diritto, in un clima di apatia come non si vedeva da tempo. Nè Abdo né Efrain Alegre, infatti – gli unici due candidati con reali possibilità – sembravano innamorare l’elettorato e, men che meno, il settore più giovane (il Paraguay è un paese giovanissimo: il 56% dei suoi abitanti ha meno di 30 anni).
Il “Colorado” rappresentava la continuità di un partito che ha retto le sorti del Paese nella gran parte dei suoi 207 anni di vita indipendente, tanto che si è spesso “confuso” con lo Stato, soprattutto a partire dalla lunghissima dittatura del generale Alfredo Stroessner (1954-89), che utilizzò le strutture del partito per perpetuarsi nel governo. Abdo era anche il cognome del segretario privato del dittatore, padre del presidente eletto, che rivendica quegli anni di progresso e stabilità condannandone gli abusi e le torture. “Marito” – com’è più conosciuto – è stato scelto come candidato tramite elezioni interne nelle quali ha perso “il cavallo del commissario”, ovvero Santiago Peòa la giovane scommessa proposta dall’attuale presidente Horacio Cartes.
Efrain Alegre, invece, il candidato del Partito Liberale, alla terza sconfitta personale, esponente dell’ala di più dura opposizione al governo di Cartes, non convinceva la metà dei sostenitori del suo stesso partito, che non era riuscito a riunire nello stesso “abbraccio repubblicano” riuscito, almeno in chiave elettorale, ai “colorados”.
Ad ogni modo, le inchieste divulgate fino a una settimana prima del voto indicavano una vittoria schiacciante di Abdo, che inizialmente si aggirava sui 30 punti percentuali di differenza, per poi ridursi a 20. Ma domenica sera, quando la giustizia elettorale andava rivelando i risultati ufficiali preliminari, il margine si è ridotto a meno del 4%, fatto che ha motivato la non accettazione della sconfitta liberale sino alla pubblicazione dei risultati ufficiali. Martedì, infine, Alegre ha denunciato pubblicamente brogli, così come alcuni partiti minoritari. Ma la presenza di almeno tre delegazioni di osservatori internazionali, tra cui l’Unione europea, permette di scartare manipolazioni in grado di far muovere l’ago della bilancia, anche se sono attendibili i reclami di partiti che non potevano avere delegati di controllo in tutti i seggi. Gli analisti politici parlano di un uso politico dei sondaggi, della necessità di regolarli e anche dell’urgenza di un nuovo sistema elettorale.
Ad ogni modo, a partire dal 15 agosto, Mario Abdo avrà per 5 anni le redini del Paese.
Ha cominciato subito a sparare sul suo predecessore, il che equivale a sparare sull’ambulanza, considerando che nel contraddittorio scenario lasciato da Cartes, non è particolarmente difficile.
Il Paraguay gode della maggiore crescita economica sostenuta negli anni da tutto il Sudamerica e di un boom immobiliario che fa comparare Asuncion a Panama City, ma nel quinquennio che si chiude i poveri sono addirittura aumentati, e compongono oltre un quarto del Paese più diseguale del continente, e composto prevalentemente e come sempre da contadini, indigeni, donne e – tanti – bambini. Per non parlare dell’allarmante stato dell’educazione e della sanità, un sistema giudiziario mondialmente riconosciuto come tra i peggiori del pianeta e una generale debolezza delle istituzioni, con una corruzione in aumento. Tutti fronti sui quali Cartes aveva “dichiarato guerra frontale”. Una guerra persa di gran lunga e che, per una porzione della popolazione, è stata, per tanti aspetti, solo apparente.
Per questo non è costato troppo, a un Marito sorpreso della poca differenza di voti col suo sfidante, dichiarare che «il governo che sta terminando non ha potuto consolidare le istituzioni», per promettere che «noi recupereremo la coscienza istituzionalista del Paraguay, in modo totalmente diverso».
«Dobbiamo depoliticizzare la Giustizia – ha poi promesso –, dobbiamo fare riforme strutturali e di persone». È forse il punto dolens maggiore. Sono evidenti e numerosissimi gli esempi negativi. La conformazione attuale delle Camere, ad esempio, rinnovate la stessa domenica, rivela la permanenza di senatori e deputati indagati od oggetto di scandali, come Oscar Gonzalez Daher, la cui voce si può udire nella registrazione di una telefonata a un giudice al quale chiedeva pene severe per un suo nemico giurato. La cittadinanza non l’ha votato: ha votato la lista 1, nella quale Gonzalez Daher era inserito. Per la stessa lista sono stati rieletti altri personaggi oscuri (intendiamoci: neppure quella di Alegre è immacolata) e, soprattutto, è stato eletto senatore e capolista, l’attuale primo cittadino Horacio Cartes che, secondo la Costituzione, dovrebbe occupare un seggio di senatore vitalizio in qualità di ex presidente, con voce ma senza voto. Ma la Corte Costituzionale, a maggioranza “colorada” ha sentenziato la costituzionalità della candidatura, come anche quella dei suoi altri due predecessori Fernando Lugo e Nicanor Duarte.
La cittadinanza lo sapeva, ma non ci ha potuto fare nulla – o non ne ha avuto la forza – salvo sperare che le nuove Camere votino contro il loro giuramento dell’incarico.
Il dubbio più atroce circa Abdo è se saprà davvero differenziarsi da Cartes, sapendo che questi dispone ancora di un’originale maggioranza, composta da “colorados” e da liberali “cartisti”, che si è conquistato “politicamente” (e le virgolette, se si potesse, dovrebbero essere doppie…).
È d’obbligo comunque concedere al neopresidente un voto di fiducia, per poi giudicarlo sul campo.