Presepi in Vietnam
Ormai sono trent’anni che la vita mi ha portato a viaggiare nel sudest asiatico, Myanmar, Laos, Cambogia, Thailandia e il bel Vietnam. E ogni giorno è nuovo e mi porta qualcosa che non conoscevo. Le regole del giornalismo ci insegnano a essere anche “distaccati” da quanto vediamo, a non farci prendere troppo dalle vicende che documentiamo. Ma… ancora oggi riesco a stupirmi e a godere delle meraviglie della vita e dei popoli che visito. Quando si tratta di passare il Natale lontano dai tuoi cari e sei in Vietnam, ad esempio. Le città sono già in festa, celebrazioni che dureranno fin dopo il Capodanno lunare, il Tet, quest’anno alla fine di gennaio. Entri nei ristoranti e senti le canzoni del Natale, della nascita del Bambino e ti chiedi: «Com’è possibile tutto questo?». Passi nelle strade della città e ancora senti canzoni natalizie.
Una sera, stanco dal lavoro, ho fatto una passeggiata nei dintorni del mio alloggio: sono rimasto impressionato dai presepi che la gente allestisce a ridosso del muro di casa, sulla strada, anche ostacolando il traffico di moto ed auto, che devono procedere a passo d’uomo. Ogni famiglia cristiana ne allestisce uno accanto a casa. Uno più bello dell’altro ed uno più grande dell’altro: direi una sana competizione, con una serie di luci colorate tutt’intorno per abbellire la strada e attirare l’attenzione. Non mancano le immagini sacre avvolte nella plastica, per non farle sporcare dalla polvere: alcune famiglie hanno unito sforzi e soldi per illuminare un’intera strada con stelle di vari colori. Mi godo lo spettacolo e la pace che dona questa strada secondaria, illuminata a festa, con presepi d’ogni genere. Questo è il Natale in una nazione che ha visto guerre di ogni genere e tanta sofferenza nella sua storia millenaria. Un popolo fiero della libertà che ha conquistato a caro prezzo e che ancora ha tanta strada da fare. Ma la tenacità del carattere dei vietnamiti è unica e inconfondibile, come la loro fede. La professano senza paura: e questa testimonianza si paga.
Nella notte del 24 e di tutta la giornata del 25 molti cristiani andranno per le strade per incontrare i poveri e donare loro vestiti, cibo, qualche soldo: il Vietnam è ancora un Paese dove la povertà è alta e molta gente non arriva alla fine delle giornata con lo stomaco abbastanza pieno. Anche io mi unirò a un gruppo di loro per portare qualcosa di festoso a chi è più svantaggiato. Come giorni fa, in un orfanotrofio che accoglie anche bambini disabili: ho dovuto chinarmi sul tappeto per salutare bene il mio amichetto di nome Van, diversamente abile, di 6 anni circa. Non riesce a parlare ed ha difficoltà motorie: ma sa riconoscere. Chinandomi mi sono ricordato di Ermanno Olmi, quando affermò che «per vedere bene un prato devi inginocchiarti». Ed io per salutare bene “il mio prato vietnamita” e vedere bene gli occhi del mio amico Van, anche io ho dovuto inginocchiarmi. Ha guardato il mio volto, ha iniziato a sorridere e mi ha dato una carezza. Mi aveva riconosciuto, anche dopo alcuni mesi che non ci vedevamo. Sono rimasto in quella posizione a lungo: in fondo quel bimbo stava guardando un pezzo di presepe vivente. Attorno i rumori della tv, di altri bimbi che piangevano e giocavano: ma Van guardava me e per lui ero come uno dei re magi, o dei pastori. In questo mese, percorrendo il Paese, in lungo ed in largo, ho ammirato anche altrove presepi di ogni tipo, alcuni che è impossibile non vedere anche da un autobus in corsa, tanto sono spesso mastodontici. Come quello a Dong Nai: un presepe che ha coperto l’intera facciata di una Chiesa.
Quanti saranno in tutto il Vietnam? Impossibile contarli. Va la nostra riconoscenza a questo popolo che, per dare un segno tangibile di speranza, oltrepassa i confini delle ideologie e delle mode. Questi presepi mi hanno ricordato papa Francesco e la sua recente lettera apostolica sul presepe: Admirabile signum, Segno Ammirabile. In giorni in cui lo si accusa nella sua stessa Chiesa di aver dimenticato il Cristo, gli direi di non temere, perché i vietnamiti portano avanti la fede in quel bambino che si è fatto uomo, in modo anche eroico e non senza difficoltà o sofferenze.