Prescrizione penale, scontri nel governo
Interrompere la prescrizione dei reati dopo la sentenza di primo grado di giudizio. È questa in sostanza la riforma voluta dal ministro della Giustizia 5 stelle Alfonso Bonafede, inserita nella cosiddetta legge “spazzacorrotti” e approvata durante il precedente governo Lega-M5s.
La norma prevede che la riforma entri in vigore da gennaio 2020: già al centro di aspre polemiche tra Carroccio e pentastellati, è diventata un terreno di scontro anche nel governo Conte bis, con il Pd contrario a lasciare che entri in vigore senza “delle certezze sulla durata di un processo”, come affermato dal vicesegretario dem ed ex ministro della Giustizia Andrea Orlando.
La riforma vede distanti avvocati penalisti e magistrati: i primi hanno fortemente criticato la norma e parlano di “processi interminabili”, mentre l’Associazione nazionale magistrati è più favorevole alla nuova legge.
La riforma della prescrizione è stata inserita con un emendamento nella legge anticorruzione approvata in via definitiva dalla Camera nel dicembre 2018. Le nuove regole prevedono che il decorso dei termini di prescrizione dei reati si interrompa dopo la sentenza di primo grado di giudizio, sia essa di condanna o di assoluzione. Non cambia invece il termine di prescrizione: continuerà a decorrere «per il reato consumato, dal giorno della consumazione e per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole». Cambia però la norma per il reato “continuato”, ovvero i reati ripetuti più volte oppure diversi ma riconducibili a un medesimo disegno criminoso: in questo caso i termini della prescrizione partiranno «dal giorno in cui è cessata la continuazione», ovvero dall’ultimo reato commesso. Come avviene per i reati “permanenti”, cioè quelli in cui l’offesa commessa si protrae nel tempo per effetto di una condotta persistente e volontaria (per esempio il sequestro di persona).
La riforma sulla prescrizione è stata fortemente voluta dal M5s e dal ministro della Giustizia Bonafede. Dopo una dura polemica con la Lega (il ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno aveva parlato di “una bomba atomica” nel processo), durante il precedente governo gialloverde, il Movimento è riuscito a far passare l’emendamento contenente la norma ottenendo che entri in vigore dal gennaio 2020 senza che ciò sia subordinato all’approvazione della riforma del processo penale già annunciata dal ministro Bonafede. In quell’occasione il M5S ha respinto gli attacchi del leader della Lega Salvini, che spingeva proprio per vincolare il suo sì all’approvazione della riforma penale.
Nel corso degli ultimi mesi non sono mancate critiche e perplessità sulla riforma. Espresse soprattutto dagli avvocati penalisti: per il presidente dell’Unione delle Camere penali Gian Domenico Caiazza, «processi interminabili, che con la riforma Bonafede diventano processi infiniti, sono una barbarie».
Dal 2 al 6 dicembre i penalisti hanno deliberato una settimana di proteste con l’astensione dalle udienze e una maratona oratoria a Roma davanti alla Corte di Cassazione. «Protestiamo non in favore della prescrizione in quanto tale, ma contro un principio barbarico – ha detto ancora Caiazza -: che il cittadino debba restare in balia della giustizia penale per un tempo indefinito, fino a quando, e se, lo Stato riuscirà a pronunciare una sentenza definitiva».
Naturalmente sui possibili effetti della riforma si può parlare solo in termini probabilistici ed eventuali. Ma le prospettive non sono affatto positive. Senza dubbio gli effetti del blocco della prescrizione avranno conseguenze diverse in base alla percentuale di archiviazione per prescrizione delle varie Corti distribuite sul territorio nazionale. Facciamo degli esempi. A Catania questa percentuale è del 37,8% contro il 36% di Roma e 10% di Milano.
Per molti giuristi, in primis per Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, il blocco della prescrizione non basterà ad assicurare il legittimo andamento della giustizia e a salvare quanto stabilito in primo grado. Occorrerebbe anche rafforzare i riti alternativi, depenalizzare molti reati ed aumentare le risorse.
Si stima che lo stop della prescrizione metterà seriamente a rischio l’efficienza di molti uffici giudiziari, i quali si troveranno ad avere circa 30 mila procedimenti in più ogni anno, e l’esito ovviamente sarà ancor più pesante sulle Corti oberate da un maggior numero di prescrizioni, con l’alta possibilità che anche i tempi dei processi ne risulterebbero allungati.
Ma, se i penalisti sono fortemente contrari alla riforma, l’Anm ha chiuso il suo recente congresso a Genova con un sì convinto all’entrata in vigore della nuova legge. Dopo i dubbi del presidente dell’Anm Luca Poniz che aveva parlato di “squilibri” se la riforma non fosse stata accompagnata da un insieme di interventi strutturali, il testo approvato alla fine del congresso dell’Anm esprime un sì convinto dei magistrati.
«L’Anm ha chiesto da sempre l’interruzione della prescrizione con la sentenza di condanna di primo grado, per restituire al processo la sua piena efficacia», si legge. «Lo abbiamo proposto noi stessi anche di recente, e sul punto non abbiamo e non avremo ripensamenti». Resta comunque “indispensabile” la riforma strutturale del processo penale, chiarisce l’Anm. L’ex procuratore di Palermo e di Torino Giancarlo Caselli, ha proposto, come soluzione al problema, l’abolizione del processo d’appello.
Con l’avvicinarsi dell’entrata in vigore della norma, mentre il ministro Bonafede spinge anche sulla sua riforma della giustizia (processo civile, processo penale e riforma del Csm), la prescrizione è diventata terreno di scontro anche tra Pd e M5s, le principali forze di maggioranza del governo Conte bis. I dem insistono sulla proposta di riformare la prescrizione ma soltanto con delle garanzie sulla durata dei processi. Secondo il Pd occorre quindi introdurre termini di durata massima per le fasi dell’appello e della Cassazione. Si tratta della cosiddetta “prescrizione processuale” proposta dall’ex procuratore di Milano Bruti Liberati. In questo clima si è fatta strada anche l’ipotesi di un rinvio dell’entrata in vigore della riforma inserendolo nel dl Milleproroghe.
Il M5s da parte sua evoca un parallelo con l’epoca dei governi Berlusconi («con la riforma della prescrizione abbiamo la possibilità di mettere la parola fine all’era Berlusconi che ha fatto solo del male al nostro Paese»). E il Movimento chiede “lealtà” al Pd. Dopo il no dell’ultimo vertice di Governo, le forze politiche si stanno muovendo per trovare un accordo e sbloccare la situazione, anche se PD e Italia Viva non sono assolutamente intenzionate a sostenere il blocco della prescrizione dopo il primo grado. Intanto il 1° gennaio è alle porte.