Premio ad una persona

Li ha anticipati tutti, Barack Obama, i commentatori più saputelli e gli epigoni di Solone della politica internazionale...

Un premio a una persona  

di Pasquale Ferrara

 

Li ha anticipati tutti, Barack Obama, i commentatori più saputelli e gli epigoni di Solone nella politica internazionale. E lo ha detto lui, di non essere sicuro di «aver meritato» il Premio Nobel per la pace che gli è stato conferito per il 2009.

Ma la giuria ha precisato, nella sua motivazione, che il Premio era stato assegnato ad Obama non tanto per qualche successo conseguito per la pace (è ancora troppo presto), ma «per il suo straordinario sforzo per rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli». 

In effetti, si tratta, come è stato detto da più parti, di un «premio al metodo» e di un «premio al futuro». Obama sin dai primi passi della sua Presidenza ha cambiato profondamente il clima dei rapporti internazionali. Basti ricordare i messaggi al mondo islamico (ed in particolare il discorso del Cairo), la sua iniziativa a favore del disarmo nucleare («l’opzione zero») lanciata sulla piazza di Praga, il recente discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha sancito il pieno «ritorno» degli Stati Uniti nel multilateralismo.  

Molti sono i dossier sui quali Obama si è impegnato contemporaneamente: dalla questione del programma nucleare iraniano alla complessa situazione in Afghanistan, dal processo di pace israelo-palestinese al graduale ritiro del contingente militare americano in Iraq. Tanti fronti aperti, tutti assai impegnativi e cruciali per la pace nel mondo. Impensabile che vi potessero essere risultati immediati. Ma la politica internazionale è fatta anche di idee, di valori, di scelte coraggiose. Ed Obama da questo punto di vista è stato decisamente un «game changer», uno che ha impostato in modo radicalmente diverso e nuovo anzitutto l’approccio degli Stati Uniti al mondo rispetto agli otto anni di Bush. Spostando anche l’asse del dibattito internazionale dalla «paura» alla «speranza».

Ma c’è un punto che non tutti hanno colto, nella vicenda del Nobel ad Obama. E cioè che si tratta di un premio alla persona, più che alla funzione. Non è stato premiato il Presidente degli Stati Uniti, ma il politico Barack Obama. Un Presidente, infatti, ha dei limiti nella sua possibilità di agire, deve tener conto delle implicazioni a vari livelli delle sue iniziative: in una parola, deve essere prudente. Ma il politico Obama ha invece scelto la strada impervia e coraggiosa della progettualità, dell’«utopia realistica»: in una parola, la strada del futuro. Pensando non alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni. Basterebbe questa motivazione per ritenere il Nobel alla pace più che meritato.    

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