Preferisco il Paradiso, grazie a Dan Brown

Pippo Corigliano, portavoce dell’Opus dei, si è scoperto scrittore grazie all’autore del Codice da Vinci. Lo abbiamo intervistato sul suo ultimo libro, che verrà presentato a Roma il 19 novembre.
Pippo Corigliano

Preferisco il Paradiso è il titolo scelto da Pippo Corigliano per il suo ultimo libro, a cura delle edizioni Mondadori. Ingegnere navale, portavoce dell’Opus Dei per oltre vent’anni, dopo il successo Un lavoro soprannaturale. La mia vita nell’Opus Dei si è cimentato su un argomento teologico, non certamente popolare, anche se il tema dell’aldilà è tornato a riempire le pagine dei quotidiani, le librerie e anche le sale cinematografiche.

Lo abbiamo raggiunto per un’intervista, in attesa della presentazione romana del libro, il prossimo 19 novembre.

Come le è venuta l’idea di un libro sul Paradiso?

«Parlando con Leonardo Mondadori che, prima di morire, mi ha confidato la necessità di un libro che descrivesse la fine della vita e il paradiso. Mi dirà che c’è già il catechismo, ma è schematico, è più un libro di consulatazione, mentre invece occorreva cogliere gli elementi di colore. E poi c’è stato il caso Dan Brown che mi ha spinto a diventare scrittore».

 Mi spieghi meglio. Cosa è successo?

«I media sono interessati a politica, economia, cronaca e frivolezze. Chi porta un messaggio soprannaturale e si occupa di cose spirituali non trova spazio o viene ignorato o mistificato come il caso dell’Opus Dei: alcuni media ne hanno fatto un fantasma. Dan Brown con la sua parodia grottesca, che ha reso un monaco dell’Opus Dei – fra l’altro una categoria non presente nella nostra struttura – un assassino,  ha attirato l’attenzione sull’argomento e mi ha dato occasione di approfondire l’aspetto religioso anche attraverso i media. Il mio primo libro non sarebbe uscito se la Mondadori non me l’avesse chiesto. Io avevo proposto due americani più preparati. Mi è stato risposto fallo tu. La mia vocazione di scrittore quindi è unicamente dovuta a Dan Brown».

Ritorniamo però all’ultimo lavoro. L’argomento del Paradiso non potrebbe risultare ostico?

«Sulla vita eterna bisogna fare libri che non ci sono, mi è stato detto. A volte se ne parla a sproposito e secondo fonti cattoliche se ne parla poco. Il mio è un testo divulgativo, divertente digeribile, né da predica né troppo teologico. Ho dovuto ricorrere a citazioni bibliche all’inizio per far entrare il lettore, ma poi le ho mescolate a fatti di vita vissuta e anche a canzoni. Ad esempio la Vanoni quando canta “stare qui ha il sapore dell’eternità”. L’amore umano è segno dell’amore divino. Benedetto XVI stesso ha detto che quando uno fa l’esperienza di un grande amore, fa un’esperienza di redenzione. Questo perché Dio è amore, un’identità sostanziale e non solo un’analogia. Questa è stata la chiave per provare a capire il Paradiso».  

Preferisco il Paradiso è una citazione di san Filippo Neri. Meglio lassù che quaggiù?

«San Filippo Neri lo disse quando gli proposero di diventare cardinale. Per me è diverso. Ho pensato  visto che si dicono tante sciocchezze sulla vita eterna allora preferisco il paradiso, ma quello che racconta Gesù. Non c’è fuga alcuna da quaggiù. Soltanto avendo presente il paradiso, uno può vivere pienamente le cose umane, anzi le vede come trailer del paradiso, anticipazioni. L’uomo vive una vita umana in rapporto con Dio, altrimenti è una vita animale. Se uno vive in paradiso sa apprezzare i piccoli paradisi sulla terra: i cioccolatini, la veduta di Capri, un panorama».

Un ingegnere che si occupa di teologia non è comune…

«Per fortuna abbiamo esempi negli Atti degli apostoli. Le spiego: quando Apollo, intellettuale, conosce il cristianesimo, lo formerà una famiglia, Aquila e Priscilla. Ora i laici sono formati in tal maniera che trasmettono loro la fede, perché sono abituati ad un linguaggio comune, popolare».

Allora basta una buona comunicazione per far digerire anche argomenti non proprio semplici come quelli dell’aldilà?

«Non è questione di linguaggio solamente: è una questione di fede. Se ci credi sei convincente. Se sei quello che scrivi fai bene, se non sei, non fai niente. Se ti affidi alla grazia di Dio fai l’esperienza di essere un bambino piccolo che malgrado tutto prova a far capire suo padre. L’argomento del Paradiso è più che mai attuale, basta vedere quante pagine i quotidiani hanno riservato all’ultimo film di Clint Eastwood che parla proprio del Paradiso».

All’ultima pagina del suo libro, cosa dovrebbe fare il lettore?

«Sentire il desiderio di avere un rapporto personale con Dio e con Gesù. Questo è lo scopo di quanto ho scritto. Dovrebbe capire che nella vita l’essenziale è l’amore, il resto è corollario. Se poi si andasse a confessare, sarebbe questo il vero successo del libro e non tanto la tiratura».

 

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