Prato: una strage annunciata

Migliaia di cinesi vivono e lavorano nel circondario in condizioni disumane, nella totale assenza di norme di sicurezza. Da anni la situazione viene denunciata senza risposte adeguate. Mentre la città osserva il lutto cittadino per le vittime del rogo alla ditta "Teresa moda", il vescovo ammonisce: «Basta con lo sfruttamento»
Incendio alla ditta "Teresa moda" di Prato

«Abbiamo visto due cinesi anneriti dal fumo urlare e abbiamo dato l'allarme». La domenica 1 dicembre di Prato è cominciata con queste inquietanti espressioni di Leonardo Tuci, dell'Associazione nazionale carabinieri, e di Gabriele Borchi, capogruppo di Forza Italia al quartiere Sud (e figlio del vicesindaco Goffredo), primi a dare l'allarme intorno alle sette nei pressi della ditta di taglio “Teresa Moda” in via Toscana, nella zona industriale Macrolotto, alla periferia di Prato.

«Sentivamo le urla venire da dentro il capannone, è stato terribile. Abbiamo cercato di dare una mano, mentre gli operai che erano riusciti a fuggire gridavano che dentro c'erano ancora tante altre persone», hanno spiegato. Primi spiccioli di cronaca di una strage annunciata: in un capannone ridotto ad ammasso fumante, il bilancio è di sette morti, quattro feriti e un bimbo salvo per un soffio. In questo circondario migliaia di cinesi vivono e lavorano in condizioni disumane, per una «commistione tra unità lavorative e abitative, nella più totale illegalità e assenza di norme di sicurezza, diventata una costante», per citare le parole del sindaco di Prato, Roberto Cenni.

«Era un inferno – ha raccontato Tuci –, dall’interno provenivano grida strazianti». Arrivati subito vigili del fuoco e ambulanze del 118, le operazioni di spegnimento sono cominciate immediatamente, poi l’ennesima prova di una schiavitù sotto il cielo toscano del 2013: dormitori abusivi costruiti in cartongesso, uno sopra l’altro per ottimizzare fino al minimo centimetro l’altezza del capannone e poi letti, abiti, coperte, effetti personali, rotoli di stoffa e plastica usati per confezionare gli abiti. Tutto materiale altamente infiammabile che, come da copione, ha regalato l’ennesima tragedia senza ancora un colpevole diretto.

Le fiamme si sono sviluppate all’improvviso, senza lasciare scampo a vittime che, secondo i primi dettagli emersi, dormivano. Ancora da chiarire le cause del rogo: forse una stufa elettrica usata per scaldarsi, o un corto circuito, o ancora una bombola gpl… Poco importa, purtroppo. La procura ha aperto un fascicolo, per ben quattro possibili ipotesi di reato che vanno dall’omicidio colposo plurimo allo sfruttamento di manodopera in nero. «Adesso il governo dovrà garantire a Prato tutta l’attenzione che merita una situazione come la nostra», ha affermato l’assessore alla Sicurezza Aldo Milone, polemico e preoccupato, che della lotta all’illegalità cinese aveva fatto il senso del suo impegno politico per una giunta di centrodestra impostasi con sorpresa quattro anni fa alle elezioni, anche con i voti decisivi della Lega Nord, qui affermatasi sorprendentemente proprio denunciando la mancanza di adeguate risposte politiche al fenomeno migratorio verificatosi negli ultimi tre decenni a Prato.

«Purtroppo questa tragedia stupisce il governo, non noi – sottolinea l’assessore –. Ad Alfano lo scorso novembre abbiamo consegnato l’ennesimo dossier su Prato. Da parte nostra, in quattro anni abbiamo controllato 1.200 aziende su 3.500. Purtroppo quello che è successo è la dimostrazione che i tanti allarmi lanciati in questi anni non erano solo propaganda politica. Tutt’altro, ogni controllo, ogni blitz è un modo per prevenire altre eventuali stragi». L’assessore denuncia anche un altro problema: «Negli appartamenti si stanno creando situazioni esplosive proprio come nelle aziende. È un miracolo che finora non sia esplosa qualche bombola di gas. Stiamo rischiando altre stragi. Vorrei proprio sapere adesso cosa ne pensano quei politici che hanno sempre ritenuto i blitz non importanti».

Così, mentre la città osserva lutto cittadino, tuona per un monito generale monsignor Franco Agostinelli, vescovo di Prato: «Sono sgomento di fronte a una tragedia che ricorda i tempi della rivoluzione industriale. Per la nostra città è l’ora di mettere da parte posizioni ideologiche preconcette e tatticismi strumentali; l’ora di una reazione unanime e di un soprassalto di umanità. Basta – ha affermato – con situazioni di lavoro non degne dell’uomo e delle conquiste sociali degli ultimi decenni; basta all’illegalità, che troppo spesso combina insieme gli interessi immorali di molti pratesi e le attività disinvolte di tanti imprenditori cinesi; basta allo sfruttamento, anche quando assume i connotati dell’autosfruttamento».

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons