Pranab Mukherjee lascia la presidenza dell’India
Nei giorni scorsi abbiamo presentato il nuovo inquilino di Rashtrapati Bhavan, il palazzo presidenziale posto al centro di New Delhi, all’interno di un parco vasto dove raramente i cittadini hanno accesso. Ma se il nuovo Capo di Stato – il neo-eletto Ram Nath Kovind – della più grande democrazia del mondo merita una attenzione particolare non meno importante è la figura che nei prossimi giorni lascerà il palazzo presidenziale.
Pranab Mukherjee, infatti, tredicesimo presidente dell’India, si è distinto per essere uno dei pochi politici – fino ad oggi sono stati solo cinque – ad essere eletto alla massima carica del Paese.
Nel 2012 quando venne eletto, Mukherjee era ancora, indubbiamente, una delle icone del complesso scenario politico del sub-continente. Da sempre membro del Partito del Congresso, fedele a Indira Gandhi e nei decenni successivi a Rajiv – dopo una fase piuttosto problematica che lo aveva portato a formare un suo partito – e a Sonia, rappresentanti della famiglia Nehru-Gandhi che da sempre si è identificata con le sorti di quel gruppo politico, era noto per la sua abilità ed anche per la sua versatilità politica. Nel corso dei sei decenni che lo hanno visto protagonista della vita del Paese, infatti, oltre ad essere eletto regolarmente come membro del parlamento, Mukherjee, ha ricoperto il ruolo di Ministro in diversi gabinetti e con diversi portafogli. In particolare si è distinto come Ministro degli Esteri e Ministro delle Finanze. Non erano mancati i dissapori con il partito a cui ha dedicato la sua vita. Nel 1984, in occasione della morte di Indira Gandhi, uccisa dalle sue guardie del corpo, Mukherjee si era considerato come il candidato ideale alla successione, che invece, sulla linea della politica del family raj, era andata a Rajiv, figlio di Indira appena entrato in politica ed ancora largamente inesperto. Per questo formò un suo partito che, comunque, ritornò nell’ambito del Congresso alla fine degli anni Ottanta.
Mukherjee ha interpretato il suo ruolo di Presidente con un tocco di grande personalità, fedele alla Costituzione Indiana, senza cadere nella tentazione di seguire il suo predecessore Abdul Kallam, padre della bomba atomica indiana, ma anche popolarissimo fra la gente comune e, in particolare, fra i giovani ed i giovanissimi.
Se Kallam era stato il Presidente della gente, un po’ alla Pertini per trovare un paragone nella nostra storia repubblicana, Mukherjee ha rappresentato la fedeltà ai principi della nazione indiana, potremmo dire alla Napolitano, restando aperto all’opinione pubblica, per la quale ha spalancato le porte di alcune zone di Rashtrapati Bhavan, senza, tuttavia, cercare bagni di folla o popolarità spicciola.
La sua correttezza politica ed istituzionale si rispecchia nel fatto che negli anni della sua presidenza non ha mai suscitato polemiche rispettando la volontà politica del Paese anche quando, come ultime elezioni, il panorama è decisamente cambiato a favore del Bharathya Janata Party, con l’elezione a Primo Ministro di Surendra Modi. Proprio lo stesso controverso Primo Ministro ha recentemente rivelato come il ruolo di Mukherjee sia stato fondamentale per il suo passaggio dallo stato del Gujarat, dove da anni era Primo Ministro locale, alla capitale.
Modi ha confessato che in tutti gli incontri tenuti con il Presidente, Mukherjee lo ha trattato come un figlio.
Lo stesso presidente uscente ha ammesso di aver avuto un rapporto sereno con il Primo Ministro, nonostante le divergenze politiche che li avevano visti per anni avversari sul palcoscenico nazionale. Grande correttezza politica ed umana, quindi, tratto gentile, come vuole il carattere bengalese, di cui Mukherjee è rappresentante tipico, essendo nato nel Bengala occidentale che, dopo la partizione con il Pakistan, restò parte dell’India.
Figlio d’arte – il padre era stato protagonista del movimento per l’indipendenza – Mukherjee, da un punto di vista sociale, rappresenta l’altro estremo della scala castale Indiana. È infatti un brahmino, membro quindi di quel gruppo che da millenni è all’apice della piramide sociale del sub-continente, mentre il nuovo presidente rappresenta il gruppo che nemmeno è considerato parte della struttura sociale portante.
È, infatti, come ampiamente spiegato, un dalit, fuori casta. Le sue origini sociali, tuttavia, non gli hanno impedito di esprimere la preoccupazione per le crescenti intemperanze socio-religiose in India e le recrudescenze manifestatesi, dopo le elezioni di Modi. Il tutto senza offendere l’attuale maggioranza di governo, che, caso notevole all’interno della caotica scena politica del paese asiatico, non ha mai accusato il presidente di prendere le difese o di allinearsi con l’attuale opposizione, dalla quale deriva la sua esperienza politica. Questo non gli ha impedito di ricevere, quando necessario, i leaders del partito del Congresso, Sonia e il figlio Rahul Gandhi.
Mukherjee torna ora ad essere uno fra il miliardo e duecento milioni di indiani, un uomo comune, probabilmente, vista l’età, non più impegnato in politica. Resta, tuttavia, una figura di riferimento per il suo rigore morale e fedeltà alla Costituzione, un esempio da seguire anche per coloro che in futuro occuperanno la sede di Rashtrapati Bhavan.