Povertà, azzardo e fraternità. Mppu al lavoro

La legge di stabilità finanziaria e alcune sfide attuali affrontate dal Movimento politico per l’unità. Cercare di costruire fraternità dentro la crisi di una società complessa. Intervista al presidente del Mppu italiano, Silvio Minnetti
ALLARME SOCIALE

Il Movimento politico per l’unità (Mppu) italiano sta svolgendo un’intensa attività di dialogo e confronto sui temi vivi dell’agire politico promuovendo, tra l’altro, numerosi  seminari e laboratori che vedono la partecipazione di esponenti di diversa estrazione culturale e partitica.  A tali momenti partecipano non solo i parlamentari ma esponenti delle organizzazioni di impegno civile  che trovano,in tali incontri, uno spazio dove ascoltare e dare ragione delle scelte a partire dalla propria identità messa in discussione dalle esigenze di bene comune di una società complessa.  

Ascoltiamo Silvio Minnetti, presidente del Mppu, sul lavoro di monitoraggio in corso sulla legge di stabilità su alcuni punti discriminanti come la lotta alla povertà. Su questa emergenza il Mppu ha proposto lo scorso 6 ottobre un seminario prima della presentazione del testo di legge governativo, come a dire "mettiamo le priorità prima di ripetere il copione della mancanza di fondi". Ora il presidente Acli, Gianni Bottalico, dice che lo stanziamento di 600 milioni è un primo segno anche se non sufficiente mentre la campagna “Miseria Ladra” parla di deficit culturale che partorisce misure insufficienti come da elemosina.

Difficile mediare senza prendere posizione su questioni così laceranti. Che tipo di intervento si può ipotizzare lavorando sulle radici ideali di certe scelte politiche?

 

«Politica, come forma più alta di carità, significa avere una visione di società per i prossimi decenni. Quella che ci guida mette alla base dell’agire politico, la fraternità, il valore che tiene insieme la libertà e l’uguaglianza. Quattro milioni di poveri assoluti e sei di poveri relativi in Italia, gli “scarti” generati dalla più grave crisi dell’economia dopo quella del 1929, rappresentano una dura realtà che non va in questa direzione. La legge di stabilità finanziaria deve affrontare questo problema strutturale per includere “fraternamente” dieci milioni di persone in una vita dignitosa».

 

Come giudicare i numeri della proposta del governo Renzi?

«Lo stanziamento di seicento milioni di euro, a fronte di quattro miliardi richiesti dall’Alleanza contro la povertà per un reddito di inclusione sociale, è insufficiente.  Tuttavia va nella direzione giusta di un intervento mirato sui bambini in famiglie povere e numerose.  Partire dagli ultimi mentre si tenta di rilanciare economia, produzione ed occupazione. Si tratta di dare giusto valore alle priorità e di cambiare paradigma del Welfare. Poveri, periferie, prossimità: queste le priorità indicate da papa Francesco. Rileviamo, tuttavia, un deficit culturale».

In cosa consiste questa lacuna?  

«Bisogna tener presente che Il “welfare state” in crisi va sostituito con misure di sostegno al reddito mirate ed integrate da sviluppo di competenze ed inserimento attivo nel lavoro. Il tutto va gestito nella rete del Terzo Settore e degli enti locali. L’Italia arriva in ritardo alla nascita di un welfare comunitario, sussidiario e generativo come in altri Paesi europei, eliminando sprechi, corporativismi ed interventi a pioggia. Occorre lavorare alle radici ideali delle scelte politiche in un orizzonte più ampio delle prossime elezioni. Chiediamo al governo ed ai gruppi parlamentari questo coraggio.

 

Su Città Nuova abbiamo ospitato alcune posizioni sulla proposta del presidente dell’Inps, Tito Boeri. Che idea vi siete fatta in materia?

«La proposta Boeri è parziale e utilizza il reddito minimo, strumento anti povertà di tipo universale, per una minoranza di quasi anziani.  Gli over 55 anni sono giustamente da tutelare senza trascurare però le famiglie povere con bambini e i working poor, cioè famiglie giovani con salari bassi. Boeri ha tuttavia il coraggio di prevedere una redistribuzione di reddito rivedendo su base contributiva i privilegi dei vitalizi. Il presidente dell’Inps avrebbe invece dovuto mirare alle alte vette delle pensioni d’oro, da dieci mila euro mensili e non a quelle appena dignitose del ceto medio impoverito».

 

Ciò che resta incomprensibile, invece, è la presentazione di proposte contraddittorie sulla regolamentazione dell'azzardo. Cosa ostacola un dibattito aperto e democratico sul tema?

 

«Seguendo da vicino il lavoro dei parlamentari, troviamo incomprensibili certi emendamenti alla legge di stabilità, come quello introdotto per togliere agli enti locali autonomia regolamentare sui giochi di azzardo. Gli emendamenti sono stati   ritirati grazie alla protesta immediata della importante rete di movimenti ed associazioni, studiosi e giovani, come Slot Mob, in stretta collaborazione con l’intergruppo parlamentare sull’azzardo. Chiediamo un intervento organico e serio dello Stato sociale che non può lucrare con le multinazionali dell’azzardo sulla pelle della povera gente. Bisogna partire dall’approvazione alla Camera in tempi brevi di una legge di un solo articolo sul divieto assoluto di pubblicità del gioco d’azzardo, proposta presentata da oltre trecento deputati di centrosinistra, centrodestra e M5S».

 

 

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